Il Giuramento di Obama, il Faraone nero
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Il Giuramento di Obama, il Faraone nero

Si è ufficialmente insediato il primo presidente nero degli Stati Uniti d'America

Il Giuramento di Obama, il Faraone nero

Alla fine il grande giorno è arrivato. Il primo presidente nero della storia degli Stati Uniti d’America si è ufficialmente insediato nel luogo che è stato di Washington, di Lincoln, di Roosvelt, di Kennedy e di tanti, tanti altri. Molto atteso il primo discorso del “Faraone nero”, come qualcuno l’ha chiamato. A volerla dire tutta la strada che lo attende è tutt’altro che in discesa, per la verità sarebbe già tanto se fosse piana; ed invece dovrà cimentarsi nella scalata, e senza troppi supporti, di un figurato Himalaya irto di pericolosi spuntoni e molto, estremamente scivoloso. Si troverà di fronte un’America allo sbando economicamente, prostrata nella fiducia verso il futuro e ridotta ai minimi termini nella credibilità politica. Una stella polare con una magnitudo in discesa. Ha esordito, e francamente poteva farne a meno, ringraziando il presidente Bush, non ha cercato di indorare la pillola, le sue parole tra le righe sottintendevano “sangue e lacrime”, per adesso e per qualche tempo ancora. Non ha nascosto le difficoltà e le tante sfide che dovrà affrontare. Ha preso spunto e tratto forza dalle scritture bibliche  invitando tutti, e lui per primo, ad agire, adesso. Subito. Il suo richiamo all’epopea e all’epica, l’America è l’ultima nazione ad averne, dei coraggiosi emigranti, di esploratori coraggiosi, di uomini e donne che si sono sacrificati, per un’America ed un posto migliore, in luoghi quali la Normandia, Gettysburg, Concord ha fatto balenare agli americani una nuova sfida, certo difficile, ma da vincere. L’America ce la farà, ha detto, imbriglierà il sole e scatenerà i suoi cervelli, troverà nuovi amici e rinsalderà le vecchie amicizie; è passato ancora una volta a porre l’accento sul ruolo dell’America quale incubatrice e custode di valori ed idee universali. Tutta l’America, quella dei nativi, dei coloni e degli immigrati. Non ha demonizzato il mercato ma ha, Keynesianamente, teorizzato un controllo governativo, ha teso una mano al mondo musulmano e richiamato l'orgoglio patriottico, il sacrificio degli eroi, le idee dei padri fondatori. Non poteva mancare la benedizione di Dio sull’America. Un discorso ad ampio spettro, tutto sommato prevedibile e molto americano. Ha posto l’accento su un nuovo modello energetico e finanziario, sembrano queste al momento, unitamente ad una riconsiderazione delle due guerre di Bush, i vettori principali della sua politica. Ciononostante gli analisti finanziari giudicano “inefficiente” il progetto finanziario e “timide”, a voler essere buoni, le misure ambientali. La Finanza e l’Ambiente e le loro correlazioni sono argomenti da trattare con le pinze. La posta in palio è una nuova, salvifica crescita. Dio benedica l’America. E il suo Faraone.

                                                                 Massimo   Bencivenga

 
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