Jon Favreau, il ragazzo che ha il copyright sullo Yes we can del Presidente Obama..
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Jon Favreau, il ragazzo che ha il copyright sullo Yes we can del Presidente Obama..

Jon "Favs" Favreau č l'uomo dello Yes we can, ha 29 anni e conobbe in modo singolare, e molto americano, il futuro Presidente Obama nel 2004. Sarā il nuovo Brad Meltzer?

Jon Favreau, il ragazzo che ha il copyright sullo Yes we can del Presidente Obama..

Il 2008 verrà ricordato come l’inizio della crisi economica e come l’anno che portò un afroamericano, Barack Obama, alla Casa Bianca.
Ricordate il motto di Obama? Yes, come dimenticare “Yes, we can”.
Fu il fortunato tormentone che fece da colonna sonora alla vittoria, un talismano, quel “Yes, we can” che il Presidente Obama ripetè più volte nel discorso d’insediamento nel Gennaio 2009.
Yes, we can. Ecco, per ricordare e per non dimenticare, uno stralcio del discorso.

…. In queste elezioni si sono viste molte novità e molte storie che saranno raccontate per le generazioni a venire. Ma una è nella mia mente più presente di altre, quella di una signora che ha votato ad Atlanta.

Al pari di molti altri milioni di elettori anche lei è stata in fila per far sì che la sua voce fosse ascoltata in questa elezione, ma c’è qualcosa che la contraddistingue dagli altri: Ann Nixon Cooper ha 106 anni.

 

 

È nata a una sola generazione di distanza dalla fine della schiavitù, in un’epoca in cui non c’erano automobili per le strade, né aerei nei cieli. A quei tempi le persone come lei non potevano votare per due ragioni fondamentali, perché è una donna e per il colore della sua pelle.

Questa sera io ripenso a tutto quello che lei deve aver visto nel corso della sua vita in questo secolo in America, alle sofferenze e alla speranza, alle battaglie e al progresso, a quando ci è stato detto che non potevamo votare e alle persone che invece ribadivano questo credo americano: Yes, we can.

Nell’epoca in cui le voci delle donne erano messe a tacere e le loro speranze soffocate, questa donna le ha viste alzarsi in piedi, alzare la voce e dirigersi verso le urne. Yes, we can.

Quando c’era disperazione nel Dust Bowl (la zona centro meridionale degli Stati Uniti divenuta desertica a causa delle frequenti tempeste di vento degli anni Trenta, NdT) e depressione nei campi, lei ha visto una nazione superare le proprie paure con un New Deal, nuovi posti di lavoro, un nuovo senso di ideali condivisi. Yes, we can.

Era lì quando c’erano gli autobus di Montgomery, gli idranti a Birmingham, un ponte a Selma e un predicatore di Atlanta che diceva alla popolazione : “Noi supereremo tutto ciò”. Yes, we can.

Un uomo ha messo piede sulla Luna, un muro è caduto a Berlino, il mondo intero si è collegato grazie alla scienza e alla nostra inventiva. E quest’anno, per queste elezioni, lei ha puntato il dito contro uno schermo e ha votato, perché dopo 106 anni in America, passati in tempi migliori e in ore più cupe, lei sa che l’America può cambiare. Yes, we can. ….

Yes, we can. Ebbene Yes, we can non è farina del sacco di Obama.

 

Come al solito i politici non sono che i front man, mentre a scrivere discorsi e suscitare emozioni sono altre persone, i ghostwriter e gli spreecwriter di professione, i più acuti lo sanno, se non  altro perché uno come George Bush Junior non avrebbe mai potuto avere, di suo, una simile carica emotiva o simili idee.

Discorso diverso invece per Bill Clinton, ad oggi, morto Papa Giovanni Paolo II, il miglior oratore al mondo. E pagato di conseguenza.
E anche Bill Clinton aveva i suoi spreec e ghostwriter.

Obama non è male come oratore, ma Yes, we can fu partorito nel 2004 da un 23enne. 

Quel 23enne fa parte dello staff di Obama alla Casa Bianca e si chiama Jon “Favs” Favreau.

Obama ha molta stima di Jon Favreau del quale dice, senza mezzi termini, che “gli legge nel pensiero”.

Per la verità Jon Favreau, nel 2004, era alla corte di John Forbes Kerry, sfidante democrat di Bush Junior e suo sodale, a quanto si dice, nell’esclusiva confraternita Skull and Bones della Yale University.

La leggenda vuole che proprio a quell’anno risalga l’incontro con Obama, e leggenda vuole che disse al futuro senatore, mentre questi stava provando un discorso: “Dovrebbe riscrivere una frase per evitare una sovrapposizione”.

Obama lì per lì non gli diede retta, ma si fece dire il nome del ragazzo.

Che poi gli fu caldamente raccomandato da Robert Gibbs, uno degli strateghi, insieme a David Axelrod, del fenomeno Obama.

E adesso il mondo ascolta, dalla viva voce del presidente Obama, le parole di questo ragazzo, di Jon “Favs” Favreau.

Nato a Winchester, Massachusetts, laureatosi come Valedictorian (ossia come primo del corso) in Scienze Politiche al College of the Holy Cross, Jon Favreau potrebbe a buon diritto essere l’impersonificazione reale di uno dei personaggi che solitamente siamo soliti leggere nei romanzi di Brad Meltzer; giovani genietti politici e legali appartenenti alla categoria Wasp (anche se Fabreau è cattolico), membri di una qualche confraternita o setta, che accedono, giovanissimi, al tavolo dei potenti in qualità di consigliori.

Personaggi come il Wes Holloway di “Il libro del Fato” o come il Ben Addison di “Il decimo giudice”.

E pensare che Jon Favreau (nella foto con la fidanzata Rashida Jones) non è neanche il più giovane Spreechwriting Director della Casa Bianca, battuto in ciò da tal James Fallows.

La leggenda vuole che lo si possa incontrare nei parchi o negli starbucks mentre con il suo Laptop, si accinge a dare sostanza e parole ai pensieri del Presidente.
Non c’è invece alcuna leggenda sul suo onorario che ammonta a 172,200 dollari l’anno.

E secondo voi, lasciata la Casa Bianca, faticherà a trovare lavoro?

Male che vada potrebbe scrivere già le sue memorie o un libro sugli intrighi nei corridori della White House; romanzi alla Brad Meltzer appunto.

Brad Meltzer è stato ghostwriter alla Casa Bianca di Bill Clinton.

Massimo Bencivenga

 
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