C’erano una volta i partiti. Con un retroterra culturale ben definito. Solido. C’erano delle idee e si difendevano a spada tratta. Con la caduta del comunismo (non che sia stata una calamità) il dualismo capitalismo-comunismo è caduto, e con essi gli ideali. E tutto è diventato molto più liquido, per dirla alla Bauman. Questo in linea generale. L’Italia fa sempre caso a parte. Se sul limitare della Prima Repubblica a comandare era il pentapartito, il Bipolarismo ha partorito il “ricatto dei nanetti”, con i vari Buttiglione e Mastella a ricattare, con la loro sparuta pattuglia, coalizioni votate da milioni di italiani. 17 anni dopo l’introduzione, il bipolarismo imperfetto italiano sembrò risolversi nella grande coalizione del Governo Monti.
Le recenti elezioni e l’impasse dovuto alla presenza di un terzo attore, i grillini, ha portato lo scorso Aprile ad una sorta di riedizione del Governo Monti, perlomeno nel colore dei partiti. Le situazioni sono notevolmente diverse, Letta avrà una Luna di Miele molto più breve del Professore, anche se lui si auspica di durare il più possibile. Ma non è della possibile durata del Governo che voglio parlare, ho già detto in qualche occasione che il Governo Letta durerà sin quando farà comodo a Berlusconi.
In realtà mai come adesso i partiti ribollono dal basso e dall’alto.
Nelle segreterie del Pd son volate, lungo tutto lo stivale, parole grosse e forse anche sedie. La base non ha preso molto bene l’alleanza con Berlusconi, che a loro sembra una situazione di vassallaggio con l’uomo di Arcore a tenere il coltello dalla parte del manico. La posizione di Civati sembra isolata, ma sono i tanti a pensarla come lui e a guardare al nemico interno delle Primarie (Renzi) come alla nuova speranza. L’idea è che la base non si fidi più della classe dirigente che va dai D’Alema ai Veltroni passando per i Franceschini e i Fioroni, per i Bersani e i Violante. Il rischio che spaventa la base è arrivare alle prossime elezioni logorati dall’onere di governo e consegnare il paese, ancora una volta, in mano a Berlusconi. Dubbi più che legittimi.
Ma se questa è la situazione dalle parti del Pd, il Pdl di certo non può festeggiare. Non si è infatti sopita la guerra strisciante tra i Falchi del partiti (Verdini&Co) e le Colombe (Alfano). Ad Alfano imputano troppa morbidezza e troppa vicinanza al Letta (Enrico), e si sta già fregando le mani pensando a quello che potrebbe succedere tra qualche settimana, quando verranno al pettine il processo Ruby, perlomeno il primo grado e la decisione della Consulta in merito al legittimo impedimento per il processo Mediaset. Se Berlusconi ne dovesse uscire con le ossa rotte, e l’interdizione da alcuni compiti, allora le cose per il Governo Letta e per Alfano potrebbero improvvisamente peggiorare. O si esautora Alfano o si toglie ogni velleità di comando a Letta. In ogni caso, un Berlusconi condannato farebbe più gioco ai Falchi che alle Colombe del Pdl.
La terza gamba dell’attuale maggioranza, Scelta Civica, viene già ribattezzata Sciolta Civica perché sembra un fuggi fuggi. Mario Mauro, uno dei Saggi, e Andrea Riccardi sembrano ormai sul punto di voltare le spalle al Professor Bocconi. Dove andranno non si sa. Di certo, almeno credo, non dalle parti di Pierferdinando Casini, un altro che ha detto chiaro e tondo di considerare conclusa la sua esperienza con Mario Monti.
Nella Lega non si è ancora conclusa la redde rationem tra i bossiani e i maroniani. La sensazione è che i secondi abbiano deliberatamente aspettato al gaudo i primi per potersene liberare adducendo agli stessi i mali endemici politici che dicevano di voler combattere a Roma e che perpetravano nella Padania. Il recente tonfo amministrativo, con la perdita al primo turno di Vicenza, sede del Parlamento Padano, certifica la confusione e lo smarrimento che ha preso testa e piedi dell’elettore leghista. Magari Maroni si sbarazzerà dei Bossi e del cerchio magico che lo sostiene, ma si ritroverà a capo di un partito ridotto ai minimi termini. Siamo a percentuali ante 1990.
E poi c’è l’incarnazione del partito liquido: il MoVimento 5 Stelle. Anche loro a un bivio. Provare a governare o restare all’opposizione? Anche in questo caso la base è in rivolta con i diktat della dirigenza. Per quanto le amministrative in Italia sono poche indicative per la politica alta, la recente debacle, perché di ciò si tratta, rimediata a maggio 2013 sembra aver ammorbidito la posizione della diarchia. Una qualche apertura c’è: hanno anche consentito ad un grillino di andare a La7.
Massimo Bencivenga |