 Le elezioni amministrative sono appena terminate, con la sola eccezione della Sicilia che ha votato al primo turno quando il resto dell’Italia era già al ballottaggio.
Il Pd ne esce tutto sommato bene, ma non benissimo. In termini percentuali ha tenuto, diciamocelo, ma niente di più.
I suoi nuovi/vecchi dirigenti stanno festeggiando, ma fossi in loro sarei un po’ più cauti. I sondaggi, a livello nazionale, dicono che devono inseguire la banda dei berluscones, tanto a livello di partito quanto come coalizione.
Un recente sondaggio Tecnè, realizzato per Sky, evidenzia un Pdl al 29,7% (+ 0,4% in una settimana) e un Pd staccato di quasi tre punti, al 26,% (in crescita di un punto tondo negli ultimi sette giorni). Lo stesso sondaggio Tecnè assegna alla coalizione di centrosinistra il 32,3%, mentre quella di centrodestra sarebbe al 36,6%.
Dalle parti del Pdl ci sono delle prese di posizione.
Il buon Bondi ha detto che: “I risultati elettorali del secondo turno confermano che, quando vince, il Pdl vince grazie al carisma e alle qualità politiche del presidente Silvio Berlusconi. In secondo luogo dimostrano che senza un confronto all’interno del Pdl, fondato sulle idee, da parte di persone capaci di testimoniarle credibilmente, con onestà e un’autorevolezza non riflessa, il nostro movimento non sarà mai in grado di produrre candidati vincenti perchè dotati di una forza propria”.
Le sconfitte di Alemanno, di Gentilini a Treviso e la presa di Imperia, feudo di Scajola.
L’ex ministro ha fatto delle amministrative di Imperia una crociata personale, non mancando di far notare di essere stato il primo ministro del Ponente nella storia d'Italia e il personaggio politico ligure più significativo degli ultimi vent'anni. Niente da dire su questo. Il punto è che questa sorte di “Referendum sulla persona” è stato un clamoroso flop, dal momento che il suo candidato s’è fermato al 23,86%.
I Falchi del partito, l’ala più dura che farebbe capo a Verdini, Capezzone e Santanchè, si stanno fregando le mani. Obiettivo dichiarato: la delegittimazione, formale o de facto, di Angelino Alfano. La montante marea dei falchi berlusconiani mette a rischio la tenuta del governo. Se a ciò aggiungiamo che per Silvio Berlusconi ci saranno a breve due sentenze che a sentire i suoi legali sarebbero già scritte (e non a suo favore) allora capite bene che il Governo potrebbe avere i giorni contati. Già adesso è costretto a inseguire, cosa succederebbe se quelli del Pdl mettessero Letta (Enrico) e il Pd dinanzi a un aut aut: o salvi Berlusconi o si va di nuovo a votare.
Con il Porcellum, o il Porcellinum, quello con modifiche minime.
A Berlusconi le cose andrebbero bene in ogni caso.
Posto che difficilmente qualcuno avrebbe la maggioranza su entrambe le camere del Parlamento, sarebbe sempre l’uomo di Arcore a menare le danze.
a) Offrendo il ramoscello d’ulivo al Pd in caso di vantaggio numerico Pdl.
b) Offrendo il suo aiuto a un altro Governo di larghe intese.
Nell’un come nell’altro caso, Berlusconi giostrebbe da una posizione di forza, e scaricherebbe sul Pd ogni fallimento.
Tutto ciò si potrebbe evitare mettendo mano al sistema elettorale più odiato (a parole) della Storia Repubblicana. Un sistema che tuttavia piace troppo alle segreterie dei partiti che possono evitare l’ascesa di teste calde e favorire l’avanzata di mogli/figli/amanti/segretarie particolari di questo o quel politico.
Se il Governo cade si torna a votare con il Porcellum, sul quale peraltro son stati notati non pochi profili di incostituzionalità. Il Porcellum, un sistema travagliato sin dalla nascita, nell’Ottobre del 2005, in barba non ad una legge ma ad un “consiglio” europeo: quello di non modificare la Legge elettorale nell’ultimo periodo di una legislatura.
Ma in Italia facciamo a modo nostro.
E ho la sensazione che torneremo a votare con il Porcellum.
Massimo Bencivenga
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