Nel film Altrimenti ci arrabbiamo la premiata coppia Bud Spencer e Terence Hill duettava così: “Dici che l’avrà capita? Io dico di sì!”. Così io: “La B2 (Berlusconi e Bossi) l’avranno capita?”. Io dico di no.
Il referendum è passato, manca l’ufficialità, ma ormai è sì. E presumo una pioggia di sì, mi stupirei, e molto del contrario, già in condizioni normali, cioè quando il quorum è un miraggio, chi va a votare va a tentare di confermare le intenzioni di chi per quel referendum s’è battuto. Erano anni che un referendum non andava a buon fine.
E’ successo con questi 4 quesiti, uno dei quali rappresentava un vaffa alle pretese del premier di sottrarsi ai magistrati adducendo il fatto che lui, al contrario dei magistrati, era un eletto del popolo. Ebbene, alla luce delle recenti batoste, leggasi Milano ed Arcore passate ai “comunisti” più questo referendum, quel legame viscerale con il popolo, premiato in 4 occasioni su 5 (conto anche il pareggio del 2006), s’è interrotto.
Il premier si è giocato molto in questi 3 anni. Aveva una maggioranza che altri si sono sognati, era riuscito, con l’invenzione del Pdl, a far fuori o a inglobare tanti dispettosi nanetti della politica (leggasi Lamberto Dini e Rotondi), poteva diventare uno statista e dare la scalata al Colle, eppure..; eppure è riuscito a rovinare tutto, prima alzando ancora di più lo scontro istituzionale, poi incappando in una serie di scivoloni, personali e degli uomini vicini a lui.
L’attaccamento alla cadrega di alcuni politici ha tenuto in piedi il suo esiguo vantaggio in parlamento, ma il 2011 è stato, sinora, l’anno peggiore per il berlusca politico, l’anno che ha sancito un verdetto: il popolo, quello che Lui evocava a mo’ di talismano e scudo (il popolo me l’ha dato “il potere” e guai a chi me lo tocca) non lo ama più. Non vota i suoi candidati, non ascolta i suoi appelli a non votare questo o quel referendum. Come se non bastasse ha un Tremonti che tiene i cordoni della borsa e macchina per la successione o per essere a capo di un governassimo (pia illusione a mio parere in quanto il Voltremont di NoisefromAmerika resterà vittima dei suoi intrighi) ed una Lega che vorrebbe sganciarsi, ma per adesso non può.
Con la tipica sagacia del democristiano old style Rotondi ha paragonato la parabola della Lega a quella del partito comunista; una volta al potere e non più a lottare gli elettori voltarono le spalle al partito comunista ieri come stanno facendo con la Lega oggi.
A conti fatti scambiare le colombe (Pera, Pisanu e Martino) con i falchi (La Russa, Verdini e Gasparri) non è stata una mossa lungimirante, né dare sempre più voce alla Santanchè e a Capezzone, o mandare in tv quasi più spesso uno Stracquadanio al posto del più posato Lupi.
Ed ora il leader è solo, bisognerà vedere come si riattrezzerà il partito con il coordinatore unico Alfano. Bondi non vedeva l’ora di mollare, tant’è vero che l’ha fatto di sua spontanea volontà, non così, almeno credo Denis Verdini e La Russa.
Ma se la destra è stata punita ad essere premiata non è stata la sinistra, che è andata in paradiso senza saper né leggere né scrivere.
Quando ci fu il quasi cappotto del 2005 la coalizione aveva già ai box Romano Prodi. Adesso ci sono tutti e nessuno. Bersani? Vendola? Un papa straniero? La riserva di lusso Monti? Arturo Parisi disse una volta che ci vorrebbe un nuovo Andreatta capace di inventarsi un nuovo Romano Prodi. Ma non c’è più Andreatta e Prodi, tirato in ballo, ha gentilmente declinato, ma sarebbe ben contento di diventare il prossimo Presidente della Repubblica. Questa primavera del 2011 era l’ultima chiamata per Berlusconi prima della volata al 2013. Ed è evidente che chi vincerà quelle elezioni eleggerà il Presidente della Repubblica. Ma ci sono altri elementi sui quali riflettere. Questo bipolarismo italiano ha fatto il suo tempo. O è il bipolarismo a non essere adatto agli umori degli italiani. Sia come sia converrebbe tentare di trovare una soluzione diversa. Ma quale?
Massimo Bencivenga
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