 La democrazia è una dittatura. La dittatura dei numeri. Fu questa, forse, la conclusione alla quale giunse il geologo e scrittore Paolo Farina, autore di Del nostro sangue, al termine della tenzone elettorale che lo vide candidato, e non eletto, alle comunali di Caserta nel 2006. Il pamphlet Al voto dalle parti di Gomorra. Il pamphlet del giovane candidato nasce da quella esperienza, ma affonda la genesi nella constatazione e nella vidimazione, numerica e morale, dell’accelerato svilimento, post tangentopoli, dei valori e dei politici. Il nostro amico si ritrovò, novello alieno alla tenzone elettorale, in un mondo dove, tramontate e morte le ideologie, un essere nuovo si stagliava nel sole della politica: l’uomo-partito. La prima invettiva di Paolo Farina è verso questa figura, non mitologica ma umana, troppo umana, di politico che, in virtù di un consenso personale, non di rado figlio di alleanze e patti poco chiari, usa lo stesso come arma di ricatto per ambizioni personali e per “apparare” i suoi clientes. Dire adepti mi sembrava un po’ troppo.
I filosofi della politica, parlando degli uomini-partito, e arrampicandosi non poco sugli specchi, li indicano, di volta in volta, come politici trasformisti, come politici postmoderni e “liquidi”, come uomini rotti alla realpolitik, vaneggiano di folgorazioni politiche sulla strada di Damasco quando non di vera e propria evoluzione politica. Ma forse, più prosaicamente, nel caso di questa nuova figura, e per caratterizzarne meglio i comportamenti, bisognerebbe fare un passo evolutivo indietro e guardare al mondo animale: transumanza è allora il termine giusto per taggare i loro ghirigori.
L’autore di Al voto dalle parti di Gomorra. Il pamphlet del giovane candidato, nato e cresciuto con i valori della Balena Bianca della Prima Repubblica, che tra mille difetti era decisionista e capace di alzare la testa versus gli americani (Sigonella docet), si ritrovò a competere nell’attuale politica marketing che trova l’acme nell’uomo di Hardcore.
Il nostro amico cominciò a sentire puzza di bruciato già alle parole del fratello “Prima di tutto deve rassicurare”; per Paolo Farina un politico non deve rassicurare né essere “uno di noi” e neppure un “amico al comune”; il politico, per il geologo-scrittore, deve essere, all’occorrenza, anche impopolare nelle scelte, ma deve avere vision futura. In tal senso un politico non deve essere uno di noi, ma uno migliore di noi al quale deleghiamo. Ma uno migliore di noi non sta bene per le suddette ragioni di marketing.
Se queste sono le premesse i premiati sono quelli che riescono a monetizzare il piccolo feudo nel quale si muovono: l’impiegato comunale e quello al catasto, l’infermiere sempre disponibile e l’amico al patronato, insomma avete capito. E chi segue la politica locale sa che, in non rari casi, chi riesce a sfruttare bene questi piccoli gangli di potere ottiene delle perfomance elettorali tali da far arrossire medici, avvocati e civil servant come generali ed ammiragli.
Se queste sono le premesse e i premiati il risultato non può essere che il minuto mantenimento, per non dire la paralisi, senza vision futura e strategica per almeno due motivi: in primis perché non è detto che l’infermiere e l’uomo del patronato sappiano cosa è bene per la città, e mi riferisco alla sviluppo urbanistico come a percepire le potenzialità delle bio e nanotecnologie; e poi perché su queste persone hanno buon gioco i burocrati del comune, della provincia, della regione e delle varie agenzie. Anche loro difendono il forte.
Ed arriviamo a Gomorra. Il pamphlet è graffiante, duro, spigoloso, indigesto a volte, ma scivola via sempre divertente e brioso come sa esserlo l’amante che scimmiotta i difetti dell’amata, quei difetti che l’hanno fatto innamorare e che gli sono entrati in circolo; perché, della terra dalle parti di Gomorra, Farina è sinceramente innamorato e soffre nel vederla svilita e sminuita da un autore, Saviano, che ha inserito questa terra in un amplificatore. Solo che gli amplificatori restituiscono con decibel in più non solo il segnale sperato ma altresì il rumore, il disturbo, quello che non desideriamo. E cos’è se non rumore far credere che Caserta sia una ucronica città del Far West trapiantata in Italia? E che succede se l’informazione annega nel rumore? Già, perché gli amplificatori hanno la capacità di autoalimentarsi. Perché far credere che si va a votare con i giubbotti in kevlar?
Un’altra parte, parimenti divertente, di Al voto dalle parti di Gomorra. Il pamphlet del giovane candidato riguarda un altro bubbone emorragico dei nostri giorni: la burocrazia.
Riguardo alla buro il nostro amico scrittore, mi duole dirlo, opera subito una palese e grave violazione. Quale? Ok, stop al brainstorming… Compratevi il bel Al voto dalle parti di Gomorra. Il pamphlet del giovane candidato di Paolo Farina e capirete.
Mica posso dirvi tutto io? ;-)
Massimo Bencivenga |