Le Olimpiadi si avvicinano, mentre scrivo non so ancora se il Governo avanzerà o meno la candidatura italiana per Roma 2020. Certo sarebbe bello, per l’Italia, per il nostro movimento sportivo e – perché no?- anche per l’economia, organizzare un evento del genere.
A 60 anni dalle Olimpiadi romane del 1960, le olimpiadi di Nino Benvenuti, di Livio Berruti, di Mohammad Alì quando ancora si chiamava Cassius Clay, di Abebe Bikila scalzo, le Olimpiadi della Dolce Vita, del Pontificato di Giovanni XXIII, il Papa buono. Non a caso ho citato due pugili, perché di pugilato alle olimpiadi voglio parlarvi oggi e di un campionissimo: il cubano Félix Savón.
Chissà cosa avrebbe fatto, da professionista, un atleta come Félix Savón. Già, perché il pugilato alle Olimpiadi necessita di qualche precisazione. Tanto per iniziare, i verdetti. Negli anni, gli organizzatori hanno provato diversi sistemi per far vincere, nel modo più obiettivo possibile, effettivamente il migliore.
Purtroppo le cose non sempre sono andate nel verso giusto. Niente da dire su Cassius Clay nel 1960 o su Ray “Sugar” Leonard nel 1976, come pure per il chico Oscar De La Hoya a Barcellona 1992. Ma quello che successe nel 1988, alle tanto vituperate Olimpiadi di Seoul (ricordate Ben Johnson e Florence Griffith-Joyner?), a Roy Jones Junior ha dell’incredibile.
Il pugile che, da professionista, è stato campioni di otto corone in quattro categorie di peso fu scippato di un oro sacrosanto da una giuria che definire a senso unico significa aver usato un eufemismo. Il secondo fattore da tenere in mente quando si parla di boxe alle Olimpiadi è l’età. Ci sono paesi, come Cuba, che non prevedono il professionismo, né tantomeno fughe verso orizzonti di gloria. In altre parole, alle Olimpiadi potete trovare un trentenne cubano, con trecento match sul grugno, opposto ad uno sbarbatello italiano di venti anni, con soli quaranta match disputati. Capite bene che la cosa, l’esperienza, fa una certa differenza. Per la verità, stante la crisi che da qualche decennio attanaglia il mondo della boxe tricolore anche noi abbiamo i nostri non professionisti di una certa età; atleti che, in luogo di un salto nel buio, preferiscono lo stipendio sicuro delle forze armate.
Tra i grandissimi della boxe, a livello di Olimpiadi, c’è di sicuro il cubano Félix Savón, oro olimpico dei pesi massimi a Barcellona 1992, ad Atlanta 1996, a Sydney 2000. Feci la sua conoscenza proprio alle Olimpiadi in Australia, laddove la Rai, bontà sua, decise di mandare in onda il suo quarto di finale, contro lo statunitense Michael Bennett, l’uomo che nel 1999 interruppe il regno dello stesso Félix Savón ai mondiali di categoria. Già, perché mi sono dimenticato di dire che il cubano fu campione per sei kermesse dal 1986 al 1997. Nel 1999, non fece la finale, contro il già citato Michael Bennett, perché infortunato. O almeno questa fu la “scusa di regime”; perché non pochi avanzarono il dubbio che in realtà Félix Savón stesse benone e che non lo fecero combattere perché così aveva deciso il lider maximo Fidel.
A proposito, en passant voglio ricordare che anche Félix Savón veniva chiamato lider maximo.
Ebbene quel giorno vidi una vera lezione di boxe, Félix Savón martellò il malcapitato Michael Bennett, il punteggio finale recitò: 23-8.
Ad un certo punto pensai che qualora nella boxe ci fosse stata l’interruzione per manifesta inferiorità, regola presente nella lotta greco-romana, quell’incontro andava fermato per manifesta inferiorità. O superiorità di Félix Savón.
Peccato non averlo visto da professionista, da mediomassimo per esempio. Magari lui avrebbe potuto battere il supermassimo Joe Calzaghe. Joe Calzaghe, un gallese di origine sarda, è stato un pugile grandissimo ma, chissà perché, quasi misconosciuto.
Ha incrociato i guantoni con i migliori pugili dei ’90 e dei ’00, vincendoli tutti e ritirandosi, nel 1999 con il record 46-0-0 con 32 vittorie prima del limite.
Ecco, magari Félix Savón, scendendo di qualche chilo, avrebbe potuto impensierire The Italian Dragon, il drago italiano, come veniva chiamato Calzaghe.
Massimo Bencivenga
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