Sudafrica 2010, amici, è ormai arrivato, con le sue wags, italiane e non, e sta recando con sé il consueto carico di emozioni e sorprese, persino qualcosa di epico s’è già visto nel momento in cui i messicani hanno battuto la Francia o quando l’Algeria, considerata una barchetta alla vigilia, è riuscita ad impattare, e bene, contro la corazzata inglese capitanata da Fabio Capello che o vince il mondiale o difficilmente avrà in futuro un rapporto disteso con gli efferati, quando si tratta di azzannare un animale ferito, tabloid inglesi. In un precedente post avevo elencato i 10 più grandi giocatori meno noti al grande pubblico e mi ero brevemente soffermato su: György Orth, Ernesto Mascheroni, Alexander Wilson James, Stanley Mattews, Matthias Sindelar.
A questi cinque avevo aggiunto nella mia personale lista in nomi di Josè Manuel Moreno, Tomás Soares da Silva detto Zizinho, László Kubala Stecz, Dejalma Pereira Dias dos Santos, Raymond Kopaszewski. In questo post andrò ad investigare e farvi conoscere un po’ i secondi Fab Five, i favolosi secondi cinque della classifica.
- Josè Manuel Moreno. Negli anni cinquanta in Argentina esisteva, e mieteva vittime, una linea d’attacco formidabile: la maquina del River Plate. Una cinquina di calciatori che sono entrati a far parte della leggenda calcistica del Sudamerica e non solo. I cinque della maquina platense erano, da destra a sinistra: Juan Muñoz, José Moreno, Adolfo Pedernera, Angel Labruna e Félix Loustau. Tanto per dire in questa linea d’attacco non trovava posto, era un giovane emergentissimo però, uno come la saeta rubia Alfredo Di Stefano, uno tra i grandissimi che non ha mai giocato un minuto mondiale. Di questa linea e dell’Argentina di quegli anni Josè Moreno era il leader ed il capobranco. Giocatore dalla tecnica sopraffina, capace di giostrare da par suo in ogni angolo dell’attacco, era considerato, dai giornalisti coevi, al pari di Di Stefano e, udite udite, Pelè. Che ne dite, basta? Ha avuto la sfortuna di capitare in un mondo in guerra e senza il supporto della tecnologia ad immortare le sue finte.
- Tomás Soares da Silva detto Zizinho. Grandissimo, immenso, ma anche lui macchiato dalla vergogna di Maracanà 1950. Del Brasile già pronto a festeggiare era il giocatore più forte e rappresentativo, più ancora della “punta de lanza” Ademir, la vera star di un brasile fortissimo che, dopo l’affermazione dell’anno precedente, a suon di reti, nella Copa America era il naturale favorito del mondiale del 1950.
Avo naturale di una genia di brasiliani comprendente Pelè, Rivelino, Zico, Romario, Ronaldinho, gente capace di segnare ed incantare. Detiene tuttora il record di reti nella fase finale di Copa America (17) e può vantarsi di essere stato preso, come modello di gioco e uomo, dalla futura leggenda carioca corrispondente al nome di Pelè, un grandissimo. (foto)
- László Kubala Stecz. La sua non è stata una vita. E’ stata un romanzo, un bellissimo romanzo. Che dire? Kubala ha giocato in due squadre leggendarie: Il Ferencvaros e il Barcellona; e ha giocato in tre nazionali.
Scappò dall’Ungheria nascosto nel serbatoio di un camion e cominciò a girare per l’Europa: in Cecoslovacchia, nella cui nazionale militò; in Italia, per poco e per ragioni politiche, venne ingaggiato e ceduto senza giocare dalla Pro Patria; e infine al Barcellona. In Catalogna fu un leader senza eguali per un decennio. Un decennio condito da 5 scudetti, negli anni del grande Real di Di Stefano, due coppe delle fiere e tanti altri trofei nazionali. Un decennio di leadership e ascendente assoluto su personaggi quali Kocsis, Czibor e Suarez. Un decennio condito anche però dalla cocente delusione della finale di Coppa dei Campioni persa. Centrocampista di straordinarie doti tecniche, Pelè lo definì il miglior al mondo per tecnica, impiantate in un fisico robusto e tendente ad essere pingue, era in grado di far male con i gol e gli assist. Più Maradona che Pelè, molto simile al colonello del Real, Puskas.
- Dejalma Pereira Dias dos Santos. Il terzino del Brasile di Pelè. Come ogni terzino brasiliano che si rispetti aveva la tecnica di un attaccante. Mai un pallone buttato e un eccedere nei dribbling che a volte era addirittura irritante, per gli avversari s’intende; perchè invece il pubblico andava in visibilio nel vedere un terzino mettere alla berlina ed esporre a pubblico ludibrio, con tunnel e tocchetti, gli attaccanti che si trovava di fronte e che diventavano d’incanto dei difensori costretti a rincorrere quel mulatto fatto di gomma capace di danzare sul cuoio del pallone.
Faceva il paio, Djalma, con un altro Santos, Nilton, il terzino sinistro del grande Brasile. Nilton Santos era chiamato “a enciclopedia”, l’enciclopedia del calcio. Djalma Santos non è mai stato espulso nella sua carriera, lui i falli non li faceva. Li subiva.
- Raymond Kopaszewski. Kopa. Il mondo ha seriamente rischiato di non vedere la minuscola figura di Raymond Kopa. E sarebbe stato un mondo decisamente più brutto, meno allegro, almeno nel mondo del calcio. Figlio di immigrati francesi, stava lavorando in una miniera quando un suo amico morì, travolto da una frana.
Quel giorno buttò via gli attrezzi da minatore dicendo: “Non vi impugnerò mai più”. Così fu. Raymond Kopa divenne non solo un calciatore, ma un autentico fuoriclasse. Alto poco più di un metro e sessanta era un geniale brevilineo tutto finte e tunnel. Il mondo lo scoprì in un Francia-Germania del 1954, laddove Posipal, il difensore teutonico che aveva fermato Kocsis entrò negli spogliatoi singhiozzando in preda ad una crisi isterica. In lacrime finì anche lo stopper inglese Wicks le cui gambe furono attorcigliate in un Francia-Inghilterra 7-1 del 1952 che fece Storia; quel giorno un giornalista lo battezzò “il Napoleone del calcio”. Da solo fece grande il Reims e lo portò di peso alla finale, persa di misura per 4-3 con il Real Madrid. Santiago Bernabeu non se lo fece scappare e l’anno dopo eccolo lì, il piccolo francese, a duettare con Di Stefano, che però lo costrinse all’ala, nella Squadra che passerà alla Storia come il Grande Real Madrid. Quello cantato anche da Max Pezzali. Last but not last, nel 1958 portò la Francia alle semifinali del mondiale svedese. Alla fine fu eletto miglior calciatore del mondiale, e gran parte dei 13 gol messi a segno da Just Fontaine furono un effetto delle sue geniali giocate. In quel mondiale c’era anche Pelè, ma il migliore fu Raymond Kopa. Ciliegina sulla torta, quell’anno fu insignito del Pallone d’Oro succedendo al suo compagno e rivale nel Real Alfredo Di Stefano.
Ovviamente ci sono tantissimi altri calciatori che avrebbero meritato una menzione, in primis mi vengono in mente gente come Levratto, Balonceri, Valentino Mazzola, Rivelino, Leonidas, Cubilla, Hapgood e tanti tanti altri, ma ho dovuto fare una scelta. Alle prossime, calcistiche storie…
Massimo Bencivenga |