In guerra la prima vittima è la verità. Per chi ancora non avesse compreso questa banale e lapalissiana affermazione, o per chi ancora nutre dubbi, la battaglia “scomparsa dai fatti” di fine anno dovrebbe essere illuminante. I nostri militari della Brigata Sassari, ergo tutti ragazzi sardi, sono stati attaccati per circa 72 ore da una sessantina di afghani. La contesa è passata dalla parte occidentale solo dopo alcune incursioni aeree alleate ed all’utilizzo delle armi a tiro curvo. E questa cosa onestamente fa un po’ sorridere. Cosa sono queste armi a tiro curvo? Dei Boomerang? No, perché se per armi a tiro curvo s’intendono colpi di mortaio e rpg allora i burocrati militari addetti hanno fatto il loro lavoro: il fuoco di artiglieria è diventato fuoco a tiro curvo.
Allora ricapitoliamo, gli alleati e la Brigata Sassari si sono trovati a fronteggiare una sessantina, sempre stando alle dichiarazioni ufficiali, di insorti afghani; e per aver ragione di questo contingente spaventoso e male equipaggiato è stato richiesto l’intervento aereo? Se tutto ciò è vero siamo ancora convinti di poter uscire vincitori dall’Afghanistan? E che dire della retorica secondo cui l’afghano che ha ucciso un americano e ferito due italiani era “forse malato di mente”? Si come no! Tutti quelli che non stanno con l’alleanza e che la combattono sono malati di mente. Ma per un momento mettiamoci nei panni di afghani ed iracheni. Gli americani, e con tale termine indico tutta l’alleanza, dicono di volerli liberare dai Talebani e da Saddam Hussein. E poi che fanno? Tolti questi s’insediamo loro, con il precipuo, e vero, obiettivo di controllare il traffico di droga e i pozzi petroliferi. Capirete che possano essere un po’ nervosetti!
Ma com’è la situazione politica prima ancora che militare in Afghanistan? Pessima, per non dire cattiva. Prese per buone le elezioni che hanno premiato Hamid Karzai, il parlamento, con voto segreto, ha bocciato 17 dei 24 ministri che lo stesso Karzai aveva proposto. Tra questi Ismail Khan, ex signore della guerra, destinato ad un ministero importantissimo come quello all’energia e all’acqua. Pollice verso anche per l’unico donna, Husn Banu Ghazanfar, che poi però è stata riconfermata agli affari femminili.
L’Afghanistan, taliban o no, è sempre stata una terra inquieta; un paese dilaniato da una serie di contrasti tribali, di guerre tra etnie. Ora trovare un teorema capace di comprendere tutta queste serie di variabili impazzite è impresa ardua; e nel mentre regna il caos, con ognuna dei capiclan e delle etnie che cerca di sopravvivere alla meglio e di prendere (depredare?) quello che può.
Obama, premio Nobel per la Pace, fa finta di sgridare i suoi 007, ma non trova niente di meglio che mandare più soldati in medio oriente. Il Presidente della Bolivia Evo Morales, uscito deluso dal summit sul clima, neanche tanto tempo fa, parlando di Obama ha detto: “Ormai ne sono convinto, Obama non è come Bush. E’ peggio!”.
E gli italiani. Silenzio. La battaglia è “scomparsa dai fatti” tra il 30 dicembre e il 2 gennaio. Qualcuno ha saputo che alcuni giovani militari italiani era impegnato in una battaglia? Niente, l’ordine di scuderia era: divertimento e gioia per la fine di un anno e l’inizio del nuovo. Giorgio Napolitano ha salutato i nostri soldati, ma non ha mica accennato a quello che stava succedendo.
E possibile che non ne fosse informato? No. E Frattini? E La Russa? E meno male che non ci è scappato nessun morto. Ma quante cose non vengono dette sull’Afghanistan? Tante, sicuramente troppe. La situazione è instabile e quindi pericolosa per i nostri soldati. Lì si è in guerra, e solo l’ipocrisia e la convenienza fa dire peacekeeping. C’è la guerra e i nostri soldati non sono ben equipaggiati, ma neanche questo può essere detto.
Dopo la morte del soldato Alessandro Di Liso, alcuni analisti e il generale Fabio Mini parlarono di una nuova Jihad e di blindati vulnerabili. Poco dopo, a settembre due blindati italiani saltarono in aria e con i mezzi anche 6 giovani vite. Vuoi vedere che il Generale (foto) aveva ragione? Ma anche di questo non si può parlare, i nostri soldati sono ben equipaggiati. E chi dice il contrario è quasi un disfattista. Ma, ancora una volta, perché tutto quel silenzio nei giorni di fine anno. La battaglia “scomparsa dai fatti” resterà una macchia sull’informazione e sulla sempre più precaria democrazia italiana. In guerra la prima vittima e la verità.
Massimo Bencivenga |