Berlusconi e Mugabe, De Magistris e Borrelli, e altre cose ancora
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Berlusconi e Mugabe, De Magistris e Borrelli, e altre cose ancora

La magistratura sotto attacco è parte integrante del piano di intoccabilità per i politici. Di ogni foggia e colore

Berlusconi e Mugabe, De Magistris e Borrelli, e altre cose ancora

In Italia la propaganda sta facendo passare una serie di messaggi negativi. C’è un invito a spendere non si sa bene con quali soldi e perché, o meglio un perché lo si può intuire solo che non giova alle famiglie; c’è stato un invito del premier Berlusconi che, improvvisandosi trader, ha consigliato di comprare azioni di alcuni colossi ora privati ma un tempo statali. Il messaggio più subdolo, il tentativo più losco è però la delegittimazione del lavoro di magistrati e inquirenti. Un gioco di specchi a scavare nel torbido, a cercare una debolezza degli inquirenti per screditarli. un tentativo di sdemocratizzazione. Una volta Silvio è arrivato a contestare il fatto che possano indagare su di lui personaggi (il consiglio superiore della magistratura) non eletti dal popolo.

Una boiata pazzesca direbbe qualcuno, la separazione dei poteri è stata pensata proprio per impedire l’accentramento degli stessi in un’unica autorità ma, al solito, il premier crede che il parlamento sia un consiglio di amministrazione e lui l’amministratore delegato e patron dell’impresa. Un tempo erano i magistrati di tangentopoli, il pool di mani pulite ad essere nel mirino, per quel, a detta di molti, fare figli e figliastri, indagare qualcuno e non tangere altri. Può darsi…in quegli anni però non ci furono solo avvisi di garanzia e arresti eccellenti (Totò Rina). Ad accompagnare il lavoro dei magistrati ci fu la colonna sonora degli attentati (Falcone e Borsellino) e le bombe, tra queste anche quella nella cattedrale di San Giovanni in Laterano. Di concerto si arrestarono gli avvisi di garanzia e le bombe, e venne inaugurata la nuova era: la Seconda Repubblica. Ora quelli sulla graticola, quelli in cerca di facile pubblicità, quelli che si occupano solo di persone importanti anziché svolgere con zelo il proprio lavoro per la società tutta, quelli che non hanno altro da fare che spiare e indagare la casta dei politici sono: Clementina Forleo, John Woodcock e Luigi De Magistris (foto). Come se fosse colpa della Forleo l’esultanza da stadio di Massimo D’Alema, quel suo essere così contento, da comunista, di controllare una banca. John Woodcock è stato trattato da scopofilo, come uno che ama guardare dal buco della serratura i Savoia gestire un giro di prostituzione e presiedere fondazioni di disabili che con protocollo non proprio reale chiamano mongolidi. E mentre Elisabetta Gregoraci sorpassava altre soubrette Salvo Sottile, portavoce di Fini finiva nei guai. O come se il responsabile del giro di malaffare in Calabria, votato ad ottenere e gestire fondi europei attraverso società malavitose che contavano su stretti legami con esponenti politici di spicco (Cesa e Frattini), fosse chi ha sollevato il coperchio, ossia De Magistris. Se uno ha una malattia non è colpa del dottore che la diagnostica. A dimenticavo, nella “cupola” calabrese una società era della convivente del superiore di De Magistris stesso. Cose che succedono. In Calabria. Sino ad arrivare all’inchiesta “Why not", tanto cara all’ex guardasigilli Clemente Mastella, e allo scontro tra procure, una cosa inaudita tra uomini di legge. La querelle si è risolta al solito modo, all’italiana. Resta intatto nella maggioranza il tentativo di imbrigliare la magistratura e di fare fronte comune, vedi solo l’ultimo caso D’Alema, contro la stessa. Le legge sulle intercettazioni e sulla stampa ne sono un esempio. Quale sarà il prossimo passo? Dichiarare che questo paese non ha bisogno, in questo momento delicato, della minoranza? Questo è già stato detto. Da uno che si chiama Robert Mugabe, il trentennale e sanguinario dittatore dello Zimbabwe. Africa nera.  

 

 

                                                                                   Massimo    Bencivenga 

 

 

 
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