L'arresto di Limonov e la libertà di stampa in Italia
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L'arresto di Limonov e la libertà di stampa in Italia

Edward Limonov è stato arrestato ieri in Russia, il paese più pericoloso per reporter e oppositori. Dopo l'Iraq

L'arresto di Limonov e la libertà di stampa in Italia

La Russia non è mai stato un buon posto ove protestare, basti semplicemente pensare alle purghe staliniane, con migliaia di persone che, semplicemente e senza motivo, veniva sradicate e deportate in altri luoghi, a spaccar pietre. E come dimenticare i gulag, il sistema penale dei campi di lavoro forzato, in origine erano stati pensati per criminali di ogni tipo, ma sono noti soprattutto come mezzo di repressione degli oppositori politici dell'Unione Sovietica. Gli ultimi casi, quelli più conclamati e mediatici riguardano Anna Stepanovna Politkovskaja, una farsa le indagini sul suo omicidio, e Aleksandr Litvinenko, quello ucciso, forse sarebbe meglio disintegrato con il Polonio, a Londra in una oscura faccenda che vedeva protagonista anche l’italiano Mario Scaramella.


Sono oltre 100 i giornalisti uccisi dal 2000 ad oggi, in un periplo che partendo dall’italiano Antonio Russo, giornalista di Radio Radicale arriva a Anastasia Baburova passando per la già citata Politkovskaja, per Vyacheslav Akatov, per Paul Klebnikov, e per tanti altri. Edward Limonov, scrittore e critico di regime, per anni è stato in esilio, negli Usa e in Francia, è tornato in Russia agli inizi degli anni ’90 pensando di dare il suo contributo in un paese nuovo e libero. Come ogni idealista si sbagliava, e come ogni idealista ne paga le conseguenze. Alla vista del nuovo “regime” quello di Putin e dei suoi accoliti ha rispolverato la sua tagliente lingua e prosa con una serie di invettive, celebre in tal senso il titolo del volume “Takoj Prezident nam ne nuzhen! Limonov protiv Putina” (ovvero "Non abbiamo bisogno di un simile Presidente! Limonov contro Putin") che, secondo il recensore russo, Lev Danilkin, costituirebbe semplicemente la risposta moscovita alla vicenda di Michael Moore contro Bush.

 

Ebbene il 31 maggio la polizia ha arrestato Eduard Limonov, leader del Partito nazional-bolscevico (fuorilegge) e una ventina di altri oppositori. I dimostranti avevano cercato di inscenare una manifestazione contro il governo del premier Vladimir Putin sulla Piazza Triumfalnaia, nel centro della capitale. La polizia è intervenuta in forze impedendo il raduno che non era stato autorizzato dalle autorità. Questo è bene ribadirlo, la manifestazione non era autorizzata. Ma quando uno Stato non permette simili iniziative il confine delle libertà, dei diritti e della ragione dal torto diventa più sottile della carta velina. Putin, perché è lui che comanda e non il suo fantoccio Medvedev, non approverebbe mai una manifestazione a Limonov, non dopo i suoi strali. In tal modo si limita il senso critico e civico. Non bastasse ciò il Cremlino, e quindi ancora una volta Putin, sta legiferando tutta una serie di leggi che “imbavagliano”, per usare un termine caro Marco Travaglio, la libertà di stampa e la libera circolazione dei fatti e della situazioni. Anche questo un simpatico retaggio dell'era comunista e post-comunista. D’altra parte come non ricordare il colpevole ritardo nell’incidente del Kursk, o i tanti buchi neri nelle incursioni al teatro Dubrovka e nella scuola di Beslan solo per citare alcuni episodi.

 

Nonostante i tanti abusi la libertà di stampa è un potente antidoto, forse il più potente, contro la corruzione della politica che altrimenti dilagherebbe rompendo ogni argine democratico. Anche questo è bene tenerlo ben in mente perché nessun governo, per quanto democratico, è tollerante verso gente svelta e salace di lingua e di penna. E ancora, secondo alcuni parametri la Russia, e stiamo parlando della Russia attuale, è il posto più pericoloso del mondo dove fare il giornalista, eccezion fatta per l’Iraq. Adesso s’impongono alcune domande. Siamo certi, assolutamente certi che anche in Italia non sia in atto, seppur in tono minore, una certa “censura” all’informazione democratica? L’altra impellente domanda è perché non occupiamo militarmente la Russia come abbiamo fatto con l’Iraq (ricordate lo facevamo in nome della democrazia, o così ci hanno detto), ma anzi facciamo a gare a trovare accordi commerciali e partnership culturali? Domande alle quali, sulla base di un’intrinseca logica, riesce difficile dare delle risposte soddisfacenti ed esaurienti.  

 

                                Massimo    Bencivenga

 
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