Ancora poco e tutti noi saremo proiettati nelle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Se chiedete a uno sportivo a tutto tondo quale sia la specialità regina delle Olimpiadi, allora quasi sicuramente questa persona vi risponderà l’atletica leggera.
Bene, lo penso pure io.
Gli occhi saranno puntati su Usain Bolt, ma c’è qualcuno che da qualche mese ha cominciato ad oscurare il fulmine nero.
Questo qualcuno è nato da qualche parte in Sudafrica.
Essendo del 1992, non ha patito, perlomeno formalmente, l’Apartheid; è figlio di atleti che ancora gareggiano, sia pure nelle categorie over.
Lui si chiama Wayde van Niekerk e la scorsa estate mi ha sorpreso.
Chi mi segue sui social sa che avevo avvisato di tenere d’occhio la finale dei 400 m, dal momento che già nelle qualificazioni e nelle semifinali avevo avvertito che quella gara sarebbe stata importante, tra le più belle della kermesse.
Naturalmente mi sbagliavo. Due volte.
Per difetto.
Quella gara è stato il 400 m, il giro della morte, più veloce di sempre. E il mio favorito era Isaac Makwala del Botswana, che non arrivò sul podio. Un podio di prestigio, visto che era corredato da fenomeni come Kirani James (3°) e LaShawn Merritt, l’oro di Pechino 2008, finito secondo nonostante il personal best. Ma tenetelo d’occhio, Isaac Makwala, perché io raramente mi sbaglio. Wayde van Niekerk ha cominciato con i 200m, per poi passare ai 400m per alleggerire la pressione sui tendini. Lo studente di marketing all'Università di Bloemfontein sembra aver fatto il percorso inverso del grande Michael Johnson, anche lui mi sembra studente di marketing, che cominciò con i 200m per poi passare ai 400m.
E in questo post, oltre a Isaac Makwala c’entra anche il texano che correva impettito come lo struzzo beep beep. Già, perché non pago, Wayne van Niekerk corre anche i 100m. Ok, direte, li correrà così, per scherzo, come allenamento defaticante. No, Wayne van Niekerk corre i 100 m come un finalista olimpico e mondiale. A marzo di quest’anno, il sudafricano ha fatto segnare 9’98 sui 100 piani. E, per completezza, diciamo che corre i 200m in 19’94 e i 400m in 43’48 che ne fanno il quarto atleta più veloce di sempre sul giro della morte. Ma nessuno, nessuno, è mai riuscito a correre sotto i 10’00, i 20’00 e i 44’00.
Non Usain Bolt né Michael Johnson, non Yohan Blake né Tyson Gay, non Wallace Spearmon né Xavier Carter.
Nessuno prima del sudafricano, nel quale il sangue afrikaner e quello autoctono sì è mirabilmente mescolato per forgiare un atleta che sembra destinato a fare Storia.
Siccome i genitori erano due saltatori, Wayne van Niekerk si è cimentato anche nel salto in alto. Risultato? 2,05 m. Se questo è Wayne van Niekerk, Isaac Makwala è uno che corre in meno di 44’00 i 400m e in meno di 20’00 i 200m. Ma “solo” 10,35 sui 100.
A questo punto, lo so, vi starete chiedendo chi mai sarà l’allenatore del prodigioso Wayne van Niekerk.
L’allenatore ha un cognome di un certo peso a quelle latitudini: Botha.
Un cognome che evoca l’aberrazione dell’Apartheid.
Ed è una donna. Anna Sophia Botha, Tannie Ans come la chiamano.
Per chi, a differenza mia, non mastica l’afrikaans, diciamo che Tannie sta per zia, più o meno.
Già, perché toglietevi dalla testa qualche giovane e atletica coach. Anna Sophia Botha ha 74 anni.
A riprova che l’età, quando ci sono per lo mezzo conoscenze e professionalità, trova il tempo che trova.
Massimo Bencivenga |