Tra poco più di un mese sarà Natale, la festività più sentita per i cristiani, meglio per i cattolici del mondo. Una festa lunga che tradizionalmente termina con l’epifania. E se dici Epifania il pensiero non può che correre ai tre Re Magi? Ma erano davvero Re? Erano tre? Erano tre sapienti? Da dove venivano? Sono esistiti VERAMENTE? Come al solito, cercare di trarre una verità storica dalla Bibbia è compito arduo, improbo, insidioso.
La cometa li guidò realmente? Difficile, dal momento che di comete intorno all’anno zero non ci son tracce. La luminosa cometa di Halley passò e fu visibile nel 12 A.C. e poi nel 66 D.C. Intorno all’anno uno passò invece dalle parti della terra la cometa di Encke, ma non era visibile a occhio nudo. E infatti nessuno la notò, e diciamo che prima e dopo l’anno zero troviamo una serie di storici e dati, dalla Cina all’Europa di annotazioni di passaggi di comete ante litteram, chiamiamole così. Da dove viene quindi la storia della cometa o stella che avrebbe guidato i Magi? Può essere dovuto un errore iconografico? Potrebbe. Perché? Perché la “cometa di Gesù” potrebbe essere un abbaglio medioevale. A ufficializzarlo non fu un teologo ma un pittore, che in un affresco a Padova associò i Magi a un astro con la coda. Era Giotto. Può essere che Giotto, che terminò l’affresco nel 1303 possa essere stato suggestionato dal passaggio della cometa di Halley nel 1301? Roberta Oslon, studiosa di storia dell’arte, asserisce che: «Quando dipinse la stella di Betlemme la rese come una cometa, che aveva osservato realmente anni prima». Ma Giotto si sbagliava perché nessuno dei testi antichi ha mai abbinato i “Tre Re” a una cometa. Tanto per iniziare i Magi sono presenti solo in Matteo, che dedica loro dodici versetti in tutto (2: 1-12). Questo se ci riferiamo ai vangeli canonici. Se usciamo fuori dal contesto, allora troviamo che altri 4 testi antichi, definiti apocrifi dalla Chiesa (cioè esclusi dalla Bibbia) ne parlano: il Vangelo arabo-siriaco, il Vangelo armeno dell’infanzia e lo Pseudo-Matteo; questi tre sono decisamente tardi. Ma c’è un’altra fonte: il Protovangelo di Giacomo, scritto pochi decenni dopo il testo di Matteo. Quindi le fonti primarie per la storia dei Magi sono almeno due. Giacomo parla di “una stella grandissima, che brillava tra gli altri astri e li oscurava, tanto che le stelle non si vedevano più”. Lo Pseudo-Matteo si allinea, riferendosi a “un’enorme stella [...] la cui grandezza non si era mai vista dall’origine del mondo”.
Parla genericamente di una stella, ovviamente anomala, visibile in due tempi distinti: prima durante il viaggio dei Magi verso Gerusalemme, poi durante il trasferimento a Betlemme.
Benché siano citati da un solo vangelo su quattro (Matteo), che dedica loro dodici versetti in tutto (2: 1-12), l’aneddoto che li riguarda è uno dei più popolari (e falsificati) della storia sacra. Ma allora, i Magi sono davvero esistiti?
«Nel racconto evangelico» dice Francesco Sforza Barcellona, docente di Storia del cristianesimo all’Università di Roma-Tor Vergata «ci sono messaggi in codice anche per gli Ebrei. Evidente è lo sforzo di far quadrare la figura di Gesù con le profezie bibliche. Per esempio nel Salmo 71 (ora 72) si prediceva che al Messia sarebbe stato donato “oro d’Arabia” e che “i re degli Arabi e di Saba” (leggi Yemen) gli avrebbero “offerto tributi”. Ed ecco l’adorazione dei Magi, che con il loro oro “legittimano” Gesù in base ai parametri biblici».
L’Antico Testamento, all’interno del Libro dei Numeri, racconta che ai tempi di Mosè un indovino, tale Balaam, aveva enunciato una truce profezia: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set” (Nu, 24: 17).
Non è che Matteo, rifacendo il verso a quel versetto, ha voluto abbinare la nascita di Gesù ad un astro proprio per enfatizzare la venuta del Messia tanto atteso e che avrebbe spezzato il giogo che era posto sul capo dei discendenti di Giacobbe?
I nomi dei Magi, posto per ipotesi e per assurdo che siano tre, rappresentano un altro rebus: gli etiopi cattolici li indicano, anche loro in numero di 3, come Hor, Basanater e Karsudan; in Siria, la comunità cristiana chiama i Magi Larvandad, Hormisdas e Gushnasaph. Il Vangelo arabo dell'infanzia, che li considerava dei re, li chiamava Hormizdah, re di Persia, Yazdegard, re di Saba, e Perozadh, re di Seba.
Per noi invece sono i consueti Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, nomi che sembrerebbero essere statti tratti da un vangelo apocrifo. La parola persiana Jasper “Signore del Tesoro” sembra avere una vaga attinenza con il nome Gaspare, ma siamo sempre nel campo delle ipotesi.
Di loro parlò anche Marco Polo nel Milione dove si può leggere: “In Persia è la città ch'è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch'andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co' capegli: l'uno ebbe nome Beltasar, l'altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re soppelliti anticamente.” (Il Milione, cap. 30). Quindi sarebbero seppelliti insieme, ma la Saba che intende Marco Polo è la città della regina di Saba o è un'altra? Anche perché in tal caso, nel caso si riferisse a una città del mitico regno, quasi tutti sono concordi nel collocarla non già in Persia ma dalle parti della penisola arabica.
E poi, dal momento che la Bibbia è un libro che parla per allegorie e simboli, siamo così sicuri che i tre re o magi che siano (sempre ammesso per giusto il numero) non siano un rimando ai tre figli di Noè: Sem, Cam e Iafet. In entrambi i casi, dopo il Diluvio e dopo al venuta del Signore, si tratterebbe di un momento cruciale e spartiacque per l’umanità.
Massimo Bencivenga |