Il prossimo 2 Luglio il premio letterario “Premio Strega” avrà il compito, tutt’altro che agevole, di rilanciare non solo la letteratura italiana ma, più generalmente, di tutta la credibilità intorno ai concorsi letterari italici. Dopo lo scandalo del Premio Grinzane Cavour e del suo fondatore e mentore Giuliano Soria il premio della città di Benevento deve dare un segnale forte di indipendenza e obiettività. Ad oggi i finalisti sono cinque. E sono: Tiziano Scarpa con Stabat Mater (Einaudi), Massimo Lugli con L'istinto del lupo (Newton Compton), Cesarina Vighy con L'ultima estate (Fazi), Antonio Scurati con Il bambino che sognava la fine del mondo (Bompiani) e Andrea Vitali con Almeno il cappello (Garzanti).
Non sappiamo come andranno a finire le cose, ma di certo i 400 chiamati a decidere avranno i riflettori addosso e dovranno mostrare che la tesi dominante, ossia che i premi letterari vengono assegnati non per merito ma in base ad una sorta di Manuale Cencelli, è falsa. Ma è andata veramente così? E’ in base a questo criterio che vengono assegnanti i premi? Qui facciamo vincere Mondadori, là Einaudi, più in là Bompiani, Rizzoli lì sopra e così via. Le certezze, al solito, non ci sono e trattandosi di libri, e non di misure, la scelta è sempre arbitraria. Si ha come l’impressione che difficilmente vinceranno Scurati o Vitali. Non fosse altro per il semplice motivo che il primo più che un narratore è un impresario della narrazione, uno più bravo a vendersi e a recensire gli altri che a scrivere; il secondo invece, del quintetto di gran lunga il più affermato, sempre tenendo in debito conto il numero di copie vendute, potrebbe pagare il fatto di essere un candidato naturale.
Ricapitolando, Scurati si è autocandidato nel mese di Aprile mentre Vitali era il favorito di certa critica. Ed è questo, anche tenendo conto dello scandalo Grinzane Cavour, che potrebbe sfavorire il medico di Bellano. Anche perché ha già vinto in passato il Grinzane Cavour e il Premio Bancarella, e pertanto potrebbe sembrare il solito prodotto dell’establishment e del suddetto Manuale Cencelli dei romanzi. Ma com’è lo stato della letteratura in Italia? Già la parola letteratura sembra un tantino fuori luogo. Se indubbiamente sono aumentati gli scrittori non è aumentato il numero di chi ha qualcosa da dire. A livello commerciale la letteratura di genere la fa da padrona e, in special modo, il giallo/noir. Gli italici autori hanno in testa solo commissari più o meno complessati e che hanno essi stessi un disinvolto concetto di Stato, Istituzioni e gerarchia. E anche all’interno di queste sottocategorie siamo ampiamente scoperti. Esistono scrittori di legal thriller oltre ai magistrati Giancarlo De Cataldo e Gianrico Carofiglio? Esistono scrittori di financial thriller? Forse Gianpaolo Cionini, forse Renato Di Lorenzo; in questo caso paghiamo anche un’endemica e cronica ignoranza in materia. Lucia Troisi ha rilanciato il fantasy ma come siamo messi con il fantastico e l’horror? E da quanto tempo si attende un vero romanzo di formazione, qualcosa che possa sopravvivere per dieci anni? Nelle spy story ci difendiamo solo con Stephen Gunn e Alan Altieri mentre Marco Buticchi rivaleggia bene con giganti dell’avventura quali Clive Cussler e i due Patrick, O’Brien e Robinson. E che dire di ensemble narrativi come Wu Ming e Kai Zen, o dell’abitudine comune a Valerio Evangelisti e Giuseppe Genna e a qualcun altro di fare delle recensioni incrociate. Due abitudini non proprie consone ad intellettuali. Scrivere libri a più mani e “cita me che cito te”. Voi che ne pensate della letteratura italiana?
Massimo Bencivenga |