Intorno al 1920 il fronte dei “dissidenti”,ossia di quelli che non accettavano la tesi classica sull’identità di Shakespeare quale figlio del mugnaio di Stratford-on-Avon, venne focalizzato intorno alla figura di Edward de Vere (1550-1604), diciassettesimo conte di Oxford. Tale personaggio studiò al Queen’s College e al St.John’s College. La fronda era guidata da Thomas Looney che nel libro Shakespeare Identified in Edward de Vere portò a sostegno della sua ipotesi non poche prove. In primis de Vere in quanto nobile era avvezzo agli usi, ai costumi e ai protocolli di corte e aveva un’alta considerazione della nobiltà e della cavalleria. Shakespeare era chiamato, da Ben Johnson, “il dolce cigno di Avon”; de Vere possedeva una tenuta, Bilton Hall, costeggiata dal fiume Avon.
Lo zio di Edward
, Henry Howard, introdusse il sonetto nella metrica inglese, quel tipo di sonetto, due quartine e un distico, chiamato in seguito…sonetto shakespeariano.
Un altro zio, Arthur Golding, tradusse dal latino le Metamorfosi di Ovidio, fonte riconosciuta delle opere del bardo.
Edward come l’uomo di Stratford lavorò nel teatro come attore, autore e impresario; Looney lascia intendere che la passione per il teatro, un fatto appena moralmente accettabile per un nobile dei tempi di de Vere, sia la causa del ricorso ad un alias e ad un’identità fittizia. de Vere non poteva fare teatro, era sconveniente per il suo rango.
George Russell French a sostegno dell’ipotesi de Vere/Shakespeare fece notare che il Polonio dell’Amleto ha numerosi punti di contatto con Lord Burghley. Amleto aveva un amico, Horatio; de Vere aveva un parente cui era molto legato di nome Horace. Per quanto riguarda questi nomi, a rigore, l’uomo di Stratford ha dalla sua ottime motivazioni.
Edward, come Amleto, fu catturato dai pirati; Edward, come Amleto, partecipò a numerose battaglie navali. Riesce difficile immaginare tali esperienze per il figlio del mugnaio di Startford. Edward accoltellò un servo di Lord Burghley; Amleto accoltellò Polonio.
In Love’s labour lost ci sono allusioni alla visita di Margherita di Valois e Caterina de Medici, nel 1578, a Enrico di Navarra, a Nerac. Persino i nomi dei cortigiani sono gli stessi! La domanda sorge spontanea: “Come faceva il figlio del mugnaio a sapere ciò?”. Edward, nel 1575, trascorse a Parigi 6 settimane durante le quali fu ricevuto da Enrico III. Nel sonetto 125, l’autore accenna al “portò un baldacchino”; se ciò non ha alcun significato per l’uomo di Stratford ha una valenza diversa per de Vere. Il conte ebbe infatti l’onore di reggere il baldacchino della regina Elisabetta in occasione della celebrazione della vittoria sull' Armada spagnola. Nel viaggio in Europa del 1575, de Vere passò anche per Genova, Padova e Venezia, nella città della laguna rimase a corto di soldi e chiese un prestito di 500 corone a un certo Baptista Nigrone; a Dicembre dello stesso anno chiese ed ottenne un altro prestito dal marchese Pasquino Spinola. Ne La bisbetica domata il padre di Kate, la protagonista, si chiama Baptista Minola, Una semplice coincidenza?? Nel sonetto 91 l’autore affermò con orgoglio i suoi nobili natali:” They love is better than higt birth me..”; ora questa frase ha senso per un aristocratico ma non per un semplice figlio di un mugnaio. Come se non bastasse gli arrampicatori sociali, come Malvolio nella Dodicesima notte, vengono tratteggiati come ridicoli e meschini. Nel 1622, Henry Peachman pubblicò un volume in cui elencò i più grandi artisti che “onorarono la poesia con le loro penne e la loro pratica”. Al primo posto mise Edward de Vere conte di Oxford, morto da 18 anni; inutile dire che Shakespeare, morto da 6 anni, non venne assolutamente menzionato. E né venne menzionato da molti altri storici e linguisti coevi al grande bardo.
1937, parole di Sigmund Freud:” Sono quasi convinto che il nome presunto(Shakespeare) nasconda la personalità di de Vere, conte di Oxford. L’uomo di Stratford sembra non avere nulla per giustificare tale pretesa, mentre Oxford ha praticamente tutto per farlo”.
Esiste un problema, Edward de Vere morì nel 1604; molte opere del bardo sono state pubblicate dopo quella data essendo Shakespeare morto nel 1616. A questa obiezione, assolutamente legittima, gli “oxfordiani” rispondono asserendo che la cronologia delle opere non è affatto certa e definitiva; anzi, a sentir loro, è stata artatamente adattata intorno alla figura dell’uomo di Stratford-on-Avon. Il mistero continua perché esistono buone ragioni per indicare anche Sir Francis Bacon come l’autore dell’Amleto.
Massimo Bencivenga
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