Negli anni compresi tra il 1992 e il 2000 venne organizzata, e autorizzata dal governo russo, la più grande “svendita per cessata attività della storia”. Durante quel periodo una privatizzazione selvaggia, ispirata al liberismo più sfrenato, fece passare di mano, per un’infima aliquota del loro valore, tutte le più importanti aziende russe e tutti i comparti strategici della già Unione Sovietica. La risultante di questa spinta liberista in un paese che era appena uscita dal comunismo fu una redistribuzione iniqua della ricchezza, con annessa inflazione galoppante e disoccupazione alle stelle, e con il relativo corollario di violenza e crimini. In altre parole a fronte di una nuova razza, i miliardari oligarchi, si infoltì, e di molto, la totale indigenza intesa nel senso più crudo. Intesa come difficoltà a mettere in fila pranzo e cena. I Russi cominciarono a rimpiangere i tempi in cui si mangiava poco, ma si mangiava. Il grande economista John Maynard Keynes sosteneva che una popolazione in simili condizioni economiche è ben disposta a cedere ad una dittatura. Il prostato popolo russo vide nel decisionismo del nuovo presidente la fiamma dell’orgoglio e della rinascita. E’ indubbio che Putin ha riportato nuovamente la Russia in una posizione di forza nella geopolitica mondiale ma il prezzo non è stato una maggiore democrazia, semmai è vero il contrario. Putin usa per i suoi ricatti ora la canna del gas, e raramente si era vista una società, la Gazprom, usata con tanta efficacia come arma di ricatto politico, e ora lo strapotere politico per imbavagliare giornalisti, oppositori e per legiferare norme “comode”. Esiste un tacito accordo tra lui e i nuovi ricchi, gli oligarchi: loro non fanno, o se la fanno in subordine a lui, politica e lo Zar non li infastidisce. Nei casi in cui ciò non è avvenuto la Russia è diventata un posto pericoloso per gli imprenditori dissidenti: Boris Berezovsky è in esilio forzato in Inghilterra mentre Mikhail Khodorkovsky marcisce in prigione derubato del suo gioiello: la Yukos.
Per molti la Russia è ancora l’Unione Sovietica con i suoi sotterfugi e la sua disinformatja. E non ha torto. Negli occhi e nei ricordi di tutti ci sono le bugie nel caso del Kursk, gli episodi celati nell’incursione al teatro Dubrovka, i buchi neri nella ricostruzione dei fatti nella scuola di Beslan. Per tacere della Politkovskaja e dell’attentato radioattivo a Litvinenko e di chissà che altro ancora. All’alba del 2008, non potendo ancora ricandidarsi ha fatto eleggere a presidente un suo fantoccio e, subito dopo, da capo dell’esecutivo, ha legiferato leggi ancora più restrittive in materia d’informazione. L’indice di controllo dell’informazione è inversamente proporzionale alla democrazia. Non c’è una nuova Russia. Ci sono nuovi russi… E forse ha ragione Kasparov, politico avverso a Putin, quando, riferendosi a Vladimir dice: “ Sogna di governare come Stalin e vivere come Abramovich”. La Russia Vecchia e quella Nuova. Per adesso al maestro Kasparov non è ancora riuscito lo scacco matto al re. A Putin.
Massimo Bencivenga |