Come avevamo ampiamente preannunciato il risultato delle votazioni in Israele avrebbe portato i falchi della destra a governare il paese. La legge elettorale, la composizione degli eletti e il loro peso specifico portava, in modo anche semplicistico, alla conclusione che il governo avrebbe potuto formarlo solo Benjamin Netanyahu con buona pace del partito Kadima e della sua leader Tzipi Livni che pure si erano, seppur di poco, imposti alle urne. E così è stato. Un governo di unità nazionale era l’unica soluzione. Pare che Netanyahu abbia proposto una soluzione comune con la Livni che ha però declinato l’invito non volendo legarsi ad una formazione di destra e contraria ad ogni possibile soluzione di pace.
D’altra parte non sarebbe stata la leader della coalizione. E se era largamente preventivabile un “apparentamento” con il partito Israel Beitenu guidato da Avigdor Lieberman, una formazione di estrema destra, composta e imperniata intorno agli immigrati russi, circa un milione su una popolazione totale di sei, xenofoba e contraria, fermamente contraria, ad ogni possibile dialogo con gli arabi, un po’ di sorpresa ha destato l’incarico, accettato immaginiamo con grande entusiasmo, assegnato all’interno dell’esecutivo a Ehud Barak. Ehud Barak era il candidato premier del partito laburista. Seppur avversari in politica i due, e mi riferisco a Barak e Netanyahu, sono stati compagni e amici all’interno del Sayaret Maktal, la famosissima special force israeliana. Si racconta di innumerevoli missioni, ed esecuzioni, portate a termine in tandem dai due; in una di questa si fingevano sposini. E si baciavano. Seppur lontani politicamente sono vicini per formazione, due commando micidiali; Barak è una leggenda all’interno di un esercito che ne ha avute, e si nutre, di leggende. Barak sarà il ministro della difesa prendendo proprio il posto della Livni. La base del Labour non ha però preso bene la scelta di Barak di entrare nell'esecutivo, si sentono traditi e ne hanno chiesto le dimissioni dal partito. Il ministro degli esteri, figura importante in tutti gli stati ma ancor di più in Israele, sarà Lieberman. Con una simile premessa, Netanyahu e Lieberman, il processo di pace non è compromesso. E’ azzerato. Cancellato dalla lista delle cose da fare. Netanyahu gode anche dell’appoggio della destra ultraortodossa. A nulla sono valsi, sinora, i richiami del presidente Shimon Peres, ex grande militare anche lui, e Nobel per la pace insieme ad Arafat e Rabin, a trovare delle soluzioni pacifiche alla situazione. Per Israele, adesso più di prima, l’unica soluzione è quella di forza, quella militare. Un vicolo cieco da cui uscirà un solo vincitore. Potremmo, nei mesi ed anni a venire, assistere ad una nuove escalation e recrudescenza dei rapporti tra arabi e palestinesi. Non che sia una novità. Prepariamoci a vedere, per ogni kamikaze arabo che si fa saltare in aria l’aeronautica israeliana decollare, bombardare e scusarsi per aver ucciso qualche bambino innocente. Storia già trita e ritrita. L’occidente invece sarà sempre diviso tra i soldi degli ebrei e il petrolio degli arabi. Intifada dopo intifada, rappresaglia dopo rappresaglia. Amen.
Massimo Bencivenga |