Come e peggio della Germania nel 2005, come e peggio dell’Italia nel 2006. Anche Israele sperimenta il triste verdetto elettorale della parità. Nelle ultime elezioni israeliane il modo di dire “vincere di un’incollatura” può anche non rendere bene il verdetto. Tzipi Livni (nella foto con Barak) con il suo partito di centro Kadima ha un solo seggio in più alla Knesset, il parlamento israeliano. È pur vero che la davano sconfitta dal Likud, partito di destra moderato, di Bibi Netanyahu, e aver vinto seppur di poco è già tanto, ma vincere in questo modo e con la composizione dei seggi che si è delineata non le servirà a molto. Forse non le servirà affatto. Già perché accanto alle performance di Livni e Netanyahu c’è stato un grande vincitore ed un grande sconfitto. Il vero vincitore morale delle elezioni è stato Avigdor Lieberman con il suo partito Israel Beitenu, un partito di estrema destra che raccoglie i consensi di buona parte degli immigrati russi (sono un milione sui poco più dei sei che conta lo stato di Israele). Lieberman stesso è un immigrato russo ed è stato capo di gabinetto in un precedente governo di Netanyahu, in quella veste si fece conoscere per alcune dichiarazioni non proprio carine; come quando minacciò di bombardare la diga di Assuan in caso di contenzioso con l’Egitto, e non fu tenero nemmeno con gli iraniani. La sinistra ha cercato di screditarlo associandolo a Mussolini e Stalin, diversi ma entrambi dittatori, senza riuscire nell’intento. Adesso questo personaggio, con il suo partito terza forza elettorale e numerica, è diventato l’ago della bilancia del costruendo governo, quale che sia. Lo sconfitto è l’ex premier e ministro della difesa Ehud Barak, non gli è servita la vittoriosa, di concerto con Tzipi Livni agli esteri, offensiva di Gaza per un rilancio in grande stile suo e del partito laburista. Nello stato più militarizzato del mondo, quello che ha fornito al mondo militari leggendari come Rabin, Peres, Sharon, Dayan e Netanyahu stesso, Ehud Barak rappresenta una leggenda nella leggenda; quella pancetta di mezza età nasconde il più micidiale soldato che Israele abbia mai avuto, le sue azioni da commando sono studiate nei manuali. In un’occasione, insieme a Netanyahu, Barak eliminò un pericoloso individuo per Israele. A Roma e in pieno giorno, vestito da sposa. Barak è stato anche l’ultimo primo ministro che si è seduto con buone intenzioni ad una trattativa per la pace con i palestinesi. Ebbene quest’uomo ha portato il partito laburista ad avere scarso peso politico. Un’alleanza con Livni, logica da un punto di vista ideologico non garantirebbe la maggioranza; Netanyahu non ha bisogno dei numeri di Barak, e in ogni caso sono distanti ideologicamente. Livni potrebbe governare solo con Lieberman o con Netanyahu; difficile la convivenza istituzionale ed ideologica con il primo mentre il secondo non le concederebbe la leadership. Situazione intricata per colei che vedeva se stessa come l’Obama del medio oriente. Buona anche la performance, a conferma del vento di destra che è spirato su queste elezioni, del partito sefardita ultraortodosso Shas, quinta forza del paese. Shimon Peres, capo dello stato, ha intenzione di prendersi qualche giorno di riflessione prima di dare mandato al tentativo di formare un governo di unità nazionale. L’impressione è che parteggi per la Livni, ma se c’è uno che può formare un governo abbastanza, ma non molto, stabile quello è sicuramente Bibi Netanyahu. Un governo nel quale la matrice di destra sarà forte.
Massimo Bencivenga |