Il Senato degli altri
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Il Senato degli altri

Un rapido, e inesaustivo, sguardo al Senato di altri paesi Big. Perchè non basta togliere il Senato, occorre capire e bilanciare i meccanismi.

Il Senato degli altri

Il premier Matteo Renzi sembra deciso a cambiare il Senato italiano, rendendolo non elettivo, composto da rappresentanti (amministratori) regionali e da personalità incaricate dal Presidente della Repubblica.

L’ex sindaco fiorentino sembra intenzionato ad andare avanti, anche se mentre scrivo si è preso una pausa dal proposito, come per l’Italicum, anche in vista delle tenzone elettorale della tornata europea.

E anche perché, di fatto, non ha i numeri per approvare riforme del genere. Non senza l’appoggio totale del Pd, e non senza un aiutino degli alleati di Governo.

In ogni caso, la discussione su Italicum e Riforma del Senato, molto probabilmente, riprenderà dopo il 25 Maggio. E risentirà dei risultati delle Europee.
In ogni caso, dei possibili diktat e dei margini di manovra del Premier dopo il 25 ci occuperemo in seguito. Adesso, andiamo un po’ a vedere qualche senato di qualche potenza democratica.

Partiamo, noblesse oblige, dal Regno Unito.

Il Parlamient inglese è composto da due organi: la House of Commons (la Camera) e la House of Lords (il Senato, i pari del Regno). Bene, a decidere tutto o quasi è la Camera Bassa, ossia la House of Commons, che è elettiva e conta 650 deputati. La House of Lords è in primis un organo non elettivo. I suoi oltre 800 rappresentanti sono perlopiù nominati a vita. E parliamo di qualcosa come 709 persone. Poi ci sono 25 vescovi anglicani. Il resto dei senatori è scelto dal sovrano e circa 90 lo sono per diritto ereditario. E’ questa è la democrazia del Regno Unito.
I parrucconi non fanno solo rappresentanza, per quanto la maggior mole di lavoro la esplica la Camera Bassa, e di tanto in tanto spunta l’ipotesi di abolire la Camera dei Lord, o perlomeno renderla elettiva.
Niente da fare: da quelle parti il lignaggio, gli avi e il censo contano.
Loro vogliono essere nominati dall’alto, i nostri invece vogliono essere eletti. Paese che vai, Senato che trovi.

E in Francia? Bicameralismo anche oltralpe, ma ci sono dei distinguo. I senatori francesi, che sono 348, restano in carica per 6 anni, mentre quelli della Camera, che lì si chiama Assemblée Nationale sono 577, con mandato di 5 anni. Come funziona? Il Sénat ha funzione di controllo perché se è vero che le leggi vanno approvate da entrambe le Camere, è altrettanto vero che in caso di frizione il Primo Ministro, che lì è incaricato dal Presidente della Repubblica, può imporre il testo votato solo dall’Assembée Nationale. Insomma, un bicameralismo molto diverso dal nostro. Ma lo è tutto l’impianto, basti vedere il diverso rapporto transalpino tra Presidente della Repubblica e Primo Ministro. Il Sénat non può sfiduciare il Governo, ma non lo può fare neanche l’Assemblée.

E in Germania? Come si muove il senato nella nazione che è la stella polare di questa Europa che non piace quasi a nessuno, tranne che a parte dei tedeschi stessi?
Anche lì ci sono due Camere. La Camera Bassa, il Bundestag, è composto da 620 deputati, mentre il Senato, il Bundesrat, ha 69 inquilini. I 620 deputati vengono eletti a suffragio universale, i senatori sono nominati dai governi regionali, i Lander. I senatori devono obbedire alle direttive dei rispettivi Lander, pena la revoca del loro mandato. Sembra strano, vero? Una cosa molto grillina.
Il sistema tedesco crea comunque qualche grattacapo, in quanto alcune leggi devono essere votate dai due rami, quelle bicamerali, altre solo dalla Camera Bassa, quelle semplici. Il punto è che la separazione delle leggi non è granitica, e ci sono decine di ricorsi e controricorsi al Tribunale Costituzionale.

E negli Usa? Bene, tanto per iniziare i senatori sono due per Stato. Due senatori per il Maine, due senatori per la California. La loro durata è di 6 anni, mentre i deputati sono eletti ogni due anni. Il Senato ha molto potere, vota il bilancio e può esercitare l’Advice and Consent sulle nomine apicali proposte dal Presidente. Obama può proporre un generale o un ammiraglio come Capo di Stato, oppure un dirigente a capo della Cia, ma se questi non hanno il placet del Senato non possono essere incaricati. Né il Presidente può imporli minacciando il tutti a casa. E qui arriviamo a un altro diverso modo di Governare. In ossequio alla separazione dei poteri, negli Usa il potere esecutivo (il Governo) non ha potere d’iniziativa legislativa (che spetta al Parlamento), anzi, il Governo non può mettere piede al Congresso. Indi, il Congresso non può sfiduciare il Presidente, né lo stesso può sciogliere le Camere.

Il problema non è togliere il Senato, è creare un contrappeso a questa eliminazione o modifica di un potere.

 

Massimo Bencivenga 

 
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