Con i Mondiali brasiliani terminati da un pezzo, riprendo la serie di post dedicati ai calciatori e alle situazioni dei mondiali di calcio, analizzandole decade per decade. Per quanti fossero capitati per errore su questi bit, dico che l’origine di questi post riguarda una classifica, molto sui generis, perlomeno a parer mio, dei calciatori più forti all time dei mondiali stilata dal Guardian.
Ed arriviamo, come detto, alla mia personalissima classifica dedicata ai calciatori e alle situazioni più salienti dei Mondiali spagnoli dell’82 e di quelli messicani dell’86.
Anche qui la selezione non è stata semplice, son rimasti fuori tanti brasiliani, gente come Careca, come Zico (e mi piange il cuore), tanti tedeschi, che pure fecero due finali, e uno fortissimo come Jorge Valdano. E’ rimasto fuori anche il cavallo pazzo danese Preben Larsen-Elkjaer, e qualche sovietico che pure avrebbe meritato, basti pensare che nell’86 il Pallone d’Oro fu assegnato, sia pure come segno di distensione per la Perestrojka e la Glasnost, a Igor Belanov. E’ rimasto fuori anche Zoff. E anche Hugo Sanchez.
Insomma, starete pensando, ma allora chi hai scelto?
Eccoli.
15 - Ahmed Radhi. Niente di che. Ahmed Radhi è in questa classifica non per meriti calcistici, ma semplicemente perché è stato l’uomo che ha marcato l’unica rete per l’Iraq, nell’unica occasione in cui la nazione di Saddam Hussein ha partecipato alla fase finale di un Mondiale.
14 - Norman Whiteside. Norman Whiteside fa il commentatore televisivo in Irlanda del Nord. E dovrebbe lavorare, a quanto ne so, anche in ambito sanitario. Era un centrocampista offensivo abbastanza dotato, tanto da giocare per anni nel Manchester United, che a tutt’oggi detiene ancora un record mondiale. E’ il più giovane calciatore ad aver giocato la fase finale di un mondiale. Lo fece nel 1982, quando, il 17 Giugno, scese in campo all’età di 17 anni e 41 giorni. Non male per uno cresciuto a Balfast negli anni ’70, il che equivale a dire crescere e giocare sotto le bombe.
13 - Rabah Madjer. Anche detto “Il tacco di Allah”. Ma il soprannome gli fu appiccicato dopo i mondiali del 1986, in virtù di un bellissimo gol di tacco inflitto al Bayern di Monaco di Matthaus nella finale di Coppa dei Campioni del 1987. Lui e Juary, vecchia conoscenza italiana, portarono la Coppa dei Campioni in Portogallo. Ma allora che c’entra Madjer? Rabah Madjer fu uno dei due marcatori della storica vittoria dell’Algeria sulla Germania Ovest di Rumenigge nel 1982 per 2-1. Una vittoria inutile, dal momento che la Germania Ovest e l’Austria misero poi in atto una storica combine, una sorta di “Biscotto Sacher” per eliminare gli africani. Le squadre “ariane” si accordarono sull’1-0 per la Germania Ovest, un risultato, forse l’unico, che le avrebbe qualificate a spesi dei poveri magrebini.
12 - Badou Ezzaki. Chissà quante volte, il buon Badou Ezzaki, detto Zaki, portiere del Marocco a Mexico 1986, avrà ripensato a quella punizione velenosa di Matthaus quasi allo scadere. Un tiro perfido che infranse i sogni del Marocco, prima squadra africana a superare il turno nei gironi di un mondiale. L’ho preferito a Thomas ‘Nkono, il portiere del Camerun del 1982, perché, sia pure meno istrionico, Zaki era globalmente migliore come portiere rispetto al camerunense.
11 - Socrates – Ho preso Socrates come esempio del Brasile incompiuto di Tele Santana. Ho scelto Socrates, ma avrei potuto scegliere Zico o Cerezo, Falcao o Eder, Junior o Edinho. Centrocampista di spessore, si oppose al consiglio di Falcao di lasciar giocare l’Italia nel 1982, che tanto non avrebbe saputo che farsene del pallone. Pare che a sentire queste parole, Socrates, il capitano, s’alzò in piedi dicendo: “Ma cosa dici? Noi siamo il Brasile e non diamo la palla a nessuno!”. Cosa successe, come dicono gli americani, è Storia.
10 - Vincenzino Scifo. L’italo-belga è in questa classifica perché raramente, forse mai, s’è visto un ventenne giocare e guidare con tanta personalità una nazionale sino alle semifinali come fece Vincenzino nel 1986 con il suo Belgio. Aveva venti anni, Scifo, ma giocava con la maturità di un veterano. Un anno dopo venne all’Inter, ma patì il dualismo con Matteoli, rinverdendo la difficile convivenza che da quelle parti avevano già sperimentato con Beccalossi-Hansi Muller. Andò meglio quando giocò, anni dopo, con il Torino. E fece anche altri due ottimi mondiali, prima dell’ultimo, quello francese del 1998.
9 - Zbigniew Boniek. Il calciatore che l’Avvocato Agnelli, con la solita lungimiranza ed arguzia, appellò come il Bello di Notte fu tra i principali protagonisti della bellissima spedizione spagnola della Polonia. La nazionale di Boniek, dopo essere stata battuta in semifinale dall’Italia di Rossi, Conti e Zoff, si guadagnò la terza posizione battendo la Francia del futuro compagno juventino Platini per 3-2 nella finalina. Centrocampista atipico, era irresistibile in contropiede, e fu protagonista delle notti di coppa della Juventus del Trap.
8 - Emilio Butragueno. Basso, scattante, lentigginoso, magari non tutti ricordano Butragueno, ma questo era lo spauracchio delle difese negli anni ’80. Lui e il suo sodale Sanchez riportarono il Real Madrid, dopo anni e anni di astinenza, a trionfare di nuovo in Europa. In Messico, Butragueno trovò il mese della gloria che gli permette di essere ricordato come uno dei pochi ad aver marcato 4 gol in una partita del Mondiale. Di più, la quaterna fu rifilata agli ottavi alla Danimarca di Miki Laudrup. E capite bene che ha un valore aggiunto segnare 4 gol in una partita da dentro o fuori, rispetto ai 5 segnati da un Salenko in una partita che non conta per nessuno. Non siete d’accordo? Butragueno chiuse quel Mondiale con 5 reti, a una sola marcatura da Lineker.
7 - Gary Lineker. Come avete intuito, e letto sopra, Gary Lineker è stato il bomber principe, con 6 reti, del mondiale messicano del 1986. Simile per fisico e caratteristiche a Pablito Rossi, Lineker era un giocatore qualsiasi fuori dall’area di rigori; ma nell’area diventava mortifero. Non inizi bene quel mondiale, ma si riprese strada facendo con una tripletta, una doppietta e un gol nella partita persa per 2-1 contro l’Argentina di Maradona; sì, la partita della “Mano de Dios” e del fantastico gol dopo la serpentina. La partita dell’orgoglio argentino anche per i fatti delle Falkland/Malvine.
6 - Michel Platini. Ho una sua immagine in mente. Lui con la Coppa del Mondo del 1998, quella vinta da Zidane sul Brasile di Ronaldo (e vi ricordate il mistero sulle condizioni di Ronaldo?). E ricordo che la teneva in modo così amorevole, la Coppa, che quasi non voleva lasciarla a nessuno. Ed è ben comprensibile, dal momento che a Platini manca giusto un Mondiale e una Coppa Uefa per aver vinto tutto. già, ma qua parliamo di mondiali. Visto che Van Basten rimane fuori dalle classifiche mondiali perché giocò male quello italiano, lo stesso si dovrebbe fare per i mondiali di Platini, giusto? Giusto. E allora vi dico che non giocò alla sua altezza in nessuno dei due mondiali, ma anche giocando non “da Platini” si disimpegnò così bene da meritare questa posizione. Poi, per maggiori informazioni, si può chiedere agli italiani.
5 - Marco Tardelli. So cosa state pensando. E’ qui solo per il gol in finale, per quella pazza cavalcata che fece balzare in piedi anche il Presidente Pertini. L’associazione viene sin troppo semplice, ma è errata. Perlomeno nel mio caso. Certo, il gol in finale, nell’economia di questa e di altre classifiche, ha avuto un suo peso, ma non sarebbe bastato. Non a me. Marco Tardelli è qui per lo strepitoso gol in finale, e per il gran mondiale disputato, laddove fu il miglior azzurro. Dietro il marziano Bruno Conti.
4 - Paolo Rossi. Sono andato a controllare: Pablito non c’è nella mia classifica relativa agli anni ’70. Avrebbe potuto esserci. E’ qui perché per sua e nostra fortuna (il famoso stellone italiano che sembra un po’ averci preso contro) si ricordò di essere la versione italica di Gerd Muller nel momento in cui serviva, nella partita della vita contro il Brasile di Falcao e Zico. Quella fu la partita della rinascita, poi tutto diventò più semplice, anche grazie agli assist e alle serpentine di Bruno Conti.
3 – Karl-Heinz Rumenigge. Un po’ il discorso di Platini. Obiettivamente il panzerone Rumenigge le cose migliori le ha fatte, vuoi per un motivo e vuoi per un altro, in contesti diversi dai mondiali. Agli Europei italiani del 1980, per dire, fece molto meglio, pur giocando all’ala e fuori ruolo. I mondiali non hanno visto il miglior Platini, come detto. E neanche il miglior Rumenigge. Il punto è che anche giocando sottotono, Karl-Heinz Rumenigge, è stato capace di segnare 5 gol nell’82, uno preziosissimo in semifinale, nella rimonta alla Francia, e un gol in Messico. Il gol del 2-1, quello che ridiede la speranza, nella finale con l’Argentina di Maradona.
2 - Bruno Conti. Bruno Conti, il MaraZico dell’Olimpico è il responsabile di questi post sui mondiali. Il Guardian ha avuto l’ardire di non considerare nei 100 di tutti i tempi il giocatore più determinante, eccezion fatta per Pelè, Maradona e forse Schiaffino, nella vittoria di un Mondiale. Quelli il calcio l’avranno pure inventato, ma non ne capiscono tanto. Onore a Bruno Conti, Eroe di Spagna 1982.
1 - Diego Armando Maradona. Una specie di volèe contro l’Italia; un gol con la mano, seguito dal più bello di sempre contro l’Inghilterra; un tiro “oltre la Fisica” e un’altra serpentina contro il Belgio in semifinale; l’imbucata nella cruna dell’ago per Burruchaga in finale. Sei istantanee che non rendono appieno il peso che ebbe Maradona nel 1986. Nessun giocatore è mai stato così determinante. Può bastare? A me basta.
A presto, con i calciatori dei ruggenti ’90.
Massimo Bencivenga |