In questa mia carrellata sui momenti olimpici si nota una certa asimmetria. Le donne sono citate con più parsimonia. Ecco perché oggi voglio parlare di una atleta donna. Avevo in mente di parlare di una donna legata all’atletica, stavo lì lì per parlare della orange Fanny Blankers-Koen, anche detta la mammina volante perché riuscì ad imporsi in gare di velocità dopo essere diventata mamma, quando mi sono ricordato di una che Roma e il mondo intero conobbero come La gazzella nera. Chiudo l’inciso dicendo che Fanny Blankers-Koen, a Londra 1948, riuscì ad imporsi, sempre dopo aver partorito, nei 100 e 200 m, nella 4x100 e in una specialista scomparsa come gli 80 m hs. Fanny Blankers-Koen praticava anche il salto in alto e quello in lungo. Una atleta notevole.
Ma notevole era anche Wilma Rudolph, nera, nata da qualche parte nel Tennessee, ventesima di una nidiata, non so come altro chiamare una cosa simile, di ventidue figli. Non nacque bene, né per natali, cosa facilmente intuibile, né come salute, e ciò, visto cosa fece poi, non è affatto intuibile.
Aveva la poliomelite Wilma Rudolph, il mondo rischiò davvero di non vedere un simile portento; rischiò di non camminare Wilma, o di non camminare bene. Cominciò a camminare bene a 8 anni. Poi prese a volare.
Per anni fu costretta a portare un apparecchio correttivo, e ad andare due volte alla settimana all’ospedale per fare le terapie, nonostante l’ospedale riservato ai neri si trovasse ad ottanta chilometri dal paese in cui abitava. Nella sua autobiografia, Wilma Rudolph ebbe a dire, ripensando a quegli anni: “Penso di aver cominciato proprio allora a formarmi uno spirito competitivo... uno spirito che mi avrebbe poi fatto vincere nello sport”.
Cominciò a giocare a basket, ma iddio abbia nella gloria dello sport chi la convinse a passare all’atletica. A sedici anni, a Melbourne 1956, Olimpiadi in cui era presente con il nome di Carlo Pedersoli il futuro Bud Spencer, prese un bronzo in staffetta. Roma fu la consacrazione.
Wilma Rudolph, nella olimpiade di Abebe Bikila scalzo, di Livio Berruti e di Cassius Clay, fu protagonista con tre medaglie d’oro.
Nei 100 m, dopo aver eguagliato il record mondiale correndo la semifinale in 11"3, vinse nettamente la finale in 11 secondi netti, tempo che però non le venne riconosciuto come nuovo limite mondiale per via di un forte ed eccessivo vento favorevole. Tre giorni dopo bissò il successo vincendo i 200 m in 24"0, dopo aver, peraltro, eguagliato il record olimpico correndo in 23"2 nelle batterie eliminatorie.
Il terzo oro arrivò, insieme a nuovo record, nella staffetta 4x100 m.
Incantò tutti a Roma, la gazzella nera, la sua storia commosse tutti, si cercò di forzare una love story con l’idolo italiano Livio Berruti ma, come ebbe modo di raccontare lui stesso anni dopo, benché la desiderasse eccome, lei aveva per la testa un pugile americano che avrebbe fatto parlare molto di sé: Cassius Clay, il futuro Muhammad Alì.
Ma, forse, Livio non ha mai dimenticato la sensualità selvaggia che trasudava da quella donna.
Massimo Bencivenga
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