 Era il tempo della Giovine Italia di Vicini.
Terminata l'avventura messicana con il pensionamento degli eroi spagnoli dell'82, un peccato di riconoscenza che accomunò Bearzot al Valcareggi del 1974 e che sarebbe stato commesso anche da Lippi nel 2010, l'Italia fu affidata ad Azeglio Vicini, già tecnico dell'Under 21.
Debuttò in amichevole contro la Grecia la nuova Italia, con una poderosa iniezione di quella meglio gioventù Under 21 che di li a un mesetto avrebbe perso l'Europeo di categoria ai rigori contro la Spagna allenata da una vecchia conoscenza italiana: Luis Suarez.
Terminato il biennio, Vicini a poco a poco travasò gran parte degli Under nella nazionale maggiore; una scelta tecnica certamente, ma non campata in aria, visto che i giovanotti erano calciatori del calibro di Zenga e Ferri, Francini e Donadoni, Matteoli, Mancini e Giannini, più De Napoli e Vialli, già protagonisti ai mondiali. In verità anche Zenga era il terzo portiere a Messico 1986, ma il debutto avvenne con Vicini.
I ragazzi si comportarono subito bene, vincendo tutte le partite di qualificazione, e si presentarono da primi della classe all'esame con la Svezia, che li seguiva dappresso, ad appena un punto. Nel corso di quella stagione, da Settembre al 3 Giugno 1987, giorno della partita, la fisionomia era in parte cambiata, tenendo conto dei risultati del campionato e dei valori che aveva espresso.
E allora ecco che Cabrini e Nela si ritrovarono scalzati nel ruolo di terzino fluidificante (un termine deliziosamente retrò) dal granata (ancora per poco) Francini; Dario Bonetti cedette il posto a Riccardo Ferri; Giannini scalzò Bagni e Ancelotti, andando a comporre con Dossena una inedita coppia di registi, con De Napoli settepolmoni per loro.
Gli avvicendamenti più importanti di quella primavera riguardarono però due ruoli, ormai scomparsi: il libero e l'ala tornante. Titolari per lungo tempo erano stati Franco Baresi, il kaiser piscinin assurto armai al rango che gli spettava anche in nazionale, e Roberto Donadoni, uno dei maggiori interpreti del ruolo, erede designato dei Domenghini, dei Causio, dei Conti.
Ebbene, da un po' di partite, Vicini ai due cominciò a preferire Roberto Tricella e Roberto Mancini.
Tricella. eroe e capitano dello scudetto veronese, formava, con lo stesso Baresi e con Luca Pellegrini il tris d'assi nel ruolo di libero. Mancini non era un tornante, ma Vicini non intendeva fare a meno della classe e dei guizzi di un calciatore che conosceva e stimava sin dai tempi della nazionale juniores.
L'Italia partì bene, al quarto d'ora circa, Giannini trovò un lancio smarcante per Tricella in proiezione offensiva. Il libero italiano venne steso: rigore.
I rigori li aveva sempre tirati Altobelli, che era anche in testa nella classifica dei marcatori europei in quella fase a gironi, ma quella volta sul dischetto si presentò Roberto Mancini.
Non tirò neanche malaccio, ma Thomas Ravelli s'allungò bene e deviò la palla sul palo. E sulla ribattuta il suo "gemello" Vialli non riuscì a centrare la porta.
I ragazzi accusarono il colpo, la partita finì in quel momento. La Svezia prese campo, fu pericolosa più d'una volta e con Larsson segnò il gol della vittoria e del sorpasso in classifica.
Fu la prima sconfitta per Vicini, e avvenne nel momento sbagliato, anche se, va detto, l'Italia è sempre stata storicamente vulnerabile a Settembre e a Giugno, eccezion fatta per quanto ci sono le manifestazioni.
L'Italia si prese la rivincita e rovesciò la situazione a Napoli, nel Novembre del 1987,ma quella è un'altra storia.
Si giocò a Stoccolma.
Svezia: Ravelli T., Nilsson R., Fredriksson, Eriksson (Ravelli A.), Larsson, Hysen, Stromberg (Limpar), Pritz, Ekstroem, Holmquist, Nilsson L. All. Nordin
Italia: Zenga, Bergomi, Francini, De Napoli, Ferri, Tricella, Mancini (De Agostini), Giannini, Altobelli, Dossena, Vialli. All. Vicini
Tante facce note, tra gli svedesi, anche un giovanissimo Limpar, ma quello è uno che avrebbe meritato maggior gloria, perché classe ne aveva.
Massimo Bencivenga |