Il 12 aprile del 1961 con il volo di Yuri Gagarin si compiva il sogno di Icaro e di quanti altri, in altre parti ed in altre mitologie avevano anelato a volare, a farsi simile alle divinità che veneravano e che avevano l’uso esclusivo del cielo; si compiva la rivincita di quanti avevano peccato di Hýbris ed erano stati, immancabilmente, puniti.
Il 12 aprile del 1961, quando Yuri Gagarin si affrancò dall’atmosfera, si fece concreta l’idea vagheggiata da migliaia di tecnici ed ingegneri che, pur negli insuccessi e nelle difficoltà, teoriche e tecniche, mai avevano smesso di pensare “eppur si può volare”. Si fecero concrete le idee di gente come Leonardo Da Vinci e Robert Goddard, di Hermann Oberth, Sergej Korolëv e Wernher von Braun; e di chissà quanti altri scienziati e designer ante litteram.
Il 12 Aprile del 1961, con il volo della navicella nello spazio libero, veniva coronato il sogno degli inventori che, senza arte né parte né scienza, ma spinti solo dalla convinzione e dall’intuizione, avevano sempre pensato che un carro volante era possibile e non solo un’oscura iscrizione su tavolette sumere. Era questo il sogno di Joseph e Jacques Montgolfier, dei fratelli Wright, Wilbur e Orville, e di quanti, a rischio della vita (quanti sono morti nei tentativi), si erano infilati in trabiccoli volanti pensando che sì, l’uomo poteva volare.
Il 12 Aprile del 1961, quando si udì la voce dallo spazio di Yuri Gagarin, il pensiero corse ai romanzieri che, a digiuno di tecnica ed equazioni, sorretti solo dall’immaginazione avevano fantasticato su viaggi spaziali e lunari. Jules Verne&Co, quel viaggio fu anche la vostra rivincita, la rivincita dell’immaginazione sulla tecnica. Il 12 Aprile del 1961 l’America imperialista e corrotta subì un’altra sconfitta ad opera della Russia paradiso dei lavoratori.
La Guerra Fredda si combatteva anche nello spazio. E gli States, dopo aver perso la corsa dei satelliti, con i sovietici che misero in orbita il loro Sputnik quasi 4 mesi prima dell’omologo statunitense, l’Explorer 1, dovettero subire una ulteriore onta tecnologica e psicologica. Fu questa sconfitta ad indurre il presidente JFK a mobilitare uomini e risorse per la ricerca spaziale; furono queste risorse e questi investimenti a portarli poi per primi, con Neil Armstrong, sulla Luna.
Il 12 Aprile del 1961 Yuri Gagarin, questo oscuro maggiore sovietico, diventò l’ambasciatore della superiorità tecnica sovietica; il principale araldo della scuola astronautica russa che ebbe come padre nobile il grande Konstantin Tsiolkovsky. L’impresa del giovane pilota segnò un’intera generazione e contribuì in maniera determinante alla “corsa agli armamenti” spaziali nella Guerra Fredda.
Siamo andati sulla Luna, abbiamo mandato un rover su Marte e delle sonde nelle profondità dell’universo; Carl Sagan elaborò ed inviò un messaggio agli alieni, un messaggio imperniato sulla nostra conoscenza dell’Idrogeno e dei Numeri Primi. Nonostante ciò, dal 1972, nessun umano ha più abbandonato l’attrazione gravitazionale terrestre. E nessun altra impresa, eccezion fatta per la conquista della Luna, ha riscosso ed emozionato come l’impresa di Yuri Gagarin del 12 Aprile del 1961.
All’epoca l’evento fu salutato come una vittoria della parte socialista del mondo, ma in realtà a vincere erano stati tutti quelli che, a vario titolo, non avevano smesso di pensare che l’uomo avrebbe potuto affrancarsi dalla sua natura terrestre. Nuove imprese globali sono attese. Esiste un Yuri Gagarin per il cancro e l’Aids? Magari sì e sta già lavorando. Per tutti gli uomini.
Icaro Gaetano Crocco La Plume (pseudonimo per questo post di Massimo Bencivenga)
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