 In Cina è vero e proprio boom di chirurgia plastica e di interventi correlati. L'obiettivo – forse utopistico, o forse davvero realizzabile – è quello di ricalcare i modelli di bellezza occidentale, con i propri canoni più tradizionali, evidentemente duri a morire anche in terra asiatica. Pertanto, in un momento in cui – almeno qui nel vecchio Continente – la chirurgia plastica attraversa una fase di sostanziale stagnazione, in Cina il numero di relativi interventi ha raggiunto quota 2 milioni di unità, per un giro d'affari che sfiora i 50 miliardi di euro.
Nel 2011 la Cina è così diventata il terzo Paese al mondo per numero di interventi chirurgici estetici, alle spalle degli Stati Uniti e di un altro mercato in rapida emersione, il Brasile. Le cifre, rese note dal recente Congresso IMCAS China, tenutosi a Shanghai pochi giorni fa, risultano veramente impressionanti se confrontate con quelle di vent'anni fa, quando la chirurgia estetica nella nazione più popolosa del mondo era una rarità, e veniva effettuata esclusivamente con finalità ricostruttive.
Tra i principali interventi, l'arrotondamento degli occhi a mandarla, l'abbassamento degli angoli degli occhi e delle sopracciglia e, più raramente, la rimozione della membrana che unisce la palpebra al naso. In crescita dinamica anche gli interventi di rinoplastica deformante.
Non solo: stando alle più recenti e accurate previsioni, nel corso dei prossimi anni gli interventi di chirurgia estetica in Cina dovrebbero continuare a incrementare con ritmi davvero straordinari, consentendo pertanto la generazione di un business dal volume d'affari realmente consolidato. Peccato però che non tutto ciò che brilla sia oro: nel Paese sono infatti in esponenziale aumento le infezioni e le deformità. La colpa è degli scarsi controlli che vengono effettuati sul settore, e che sono una concausa della proliferazione di centri non abilitati, senza autorizzazioni governative, né igiene basilare.
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