La paura della nube radioattiva tiene banco. Così come le voci. Yukio Edano, portavoce del governo giapponese, ha annunciato che “esiste una possibilità che fuoriesca del plutonio dalla centrale di Fukushima“. Non proprio una bella notizia, e quando anche i governi non lanciano i soliti segnali rassicuranti vuol dire che la situazione potrebbe essere, o diventare, potenzialmente seria, molto seria. Gli esperti di Greenpeace calcano la mano e, per bocca del Jan van de Putte, esperto di radioprotezione della squadra di Greenpeace, affermano che ”Le autorità giapponesi sanno perfettamente che qui la radioattività è così alta ma non fanno niente per proteggere gli abitanti nè per informarli dei rischi che corrono”. Due affermazioni non proprio concordanti non trovate? A chi credere?
Sempre Greenpeace ha commissionato uno studio a Helmut Hirsch, esperto di sicurezza nucleare, il consulente ha rivelato che l’incidente alla centrale giapponese di Fukushima ha già rilasciato abbastanza radioattività da essere classificato di livello 7 secondo la International Nuclear Event Scale (INES). La quantità totale di radionuclidi di iodio-131 e cesio-137 rilasciata a Fukushima tra l'11 e il 13 Marzo 2011, equivarrebbe al triplo del valore minimo per classificare un incidente come di livello 7 nella scala INES. 7 è il livello massimo di gravità per gli incidenti nucleari, raggiunto in precedenza solo durante l'incidente a Cernobyl del 1986. Sempre Greenpeace avrebbe chiesto alle autorità giapponesi “di smetterla di preferire le politica alla scienza e di definire immediatamente zone di evacuazione intorno alla centrale di Fukushima in base ai valori di radioattività effettivamente presenti nell'area. Oltre a fare chiarezza sui reali rischi di questa crisi nucleare, ritiene che la migliore mossa per il Giappone e per tutti i governi, sia di smantellare subito le centrali nucleari e di investire in efficienza ed energie rinnovabili”. Il movimento di Greenpeace ha la possibilità di assestare un duro colpo, a livello mondiale, al nucleare.
La nube di Fukushima, spinta dai venti, è arrivata in Europa e nell’Italia, soprattutto nel nord dell’Italia e in alcune zone (Toscana ed Umbria) dell’Italia centrale.
Esistono rischi? La radioattività presente è quasi irrilevante. Lamberto Matteocci, esperto dell’Ispra, ha sostenuto: “Non c’è motivo di preoccuparsi. Parliamo di quantità davvero minime, centinaia di volte inferiori a quelle che hanno interessato Stati Uniti e Canada. La stessa situazione si sta verificando in Francia e Spagna. Queste tracce non determinano l’alterazione dei valori del cosiddetto fondo di radioattività ambientale, quello che è presente in natura”.
Già, perché è bene ribadirlo che siamo immersi in una radioattività naturale (il radon per esempio). Come ho già detto in un precedente post per l’Italia e per gli italiani non ci sono grossi rischi, spiace dirlo perché è un concetto profondamente egoistico, ma ci ha salvati la distanza dal Giappone. Siamo molto, ma molto lontani dalla contaminazione radioattiva post Chernobyl che per la bella penisola fu fonte di non poche preoccupazioni ed ansie.
Resta il fatto che l’Italia deve decidere cosa fare e quale politica energetica portare avanti, ossia trovare un modo, sia esso il nucleare o le alternative, per rendere il bel paese energeticamente indipendente, o perlomeno non troppo dipendente da fattori come colpi di Stato et similia che si spiegano a posteriori ma che in genere, vedi caso Libia, non riusciamo a prevedere. Sino a non molto tempo fa sembrava seria la decisione di tornare al nucleare, poi, anche prima del fattaccio giapponese, l’abbrivio si era un po’ ridotto. Colpa dei tassi d’interesse troppo alti? Può darsi, ma può darsi anche di no. Il Governo si è preso un “anno sabbatico”, una decisione non malvagia, ma che pospone e non risolve il problema dell’approvvigionamento energetico.
Massimo Bencivenga
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