Era da po’ che qualche esternazione di Papa Benedetto XVI non suscitava una simile, planetaria indignazione. Durante la sua visita in Camerun, nella profonda africa nera, in una zona profondamente colpita dal flagello di fine secolo e inizio millennio, ossia dall’Aids, il Papa ha ribadito, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’inutilità del preservativo come misura di protezione nei confronti della malattia. A onor del vero sul punto del preservativo la linea della Chiesa è chiara e granitica: No! Il conservatore, dire neocon sembra eccessivo e fuori luogo, Ratzinger e il “liberale” Giovanni Paolo II intorno a tali questioni non hanno mai ammesso interpretazioni di sorta.
Qualcuno intorno al Vaticano ha cercato di addolcire la pillola asserendo che il Papa intendeva sottolineare come “l’ampia diffusione di preservativi non sia in realtà la via migliore, più lungimirante ed efficace per contrastare il flagello dell’Aids e tutelare la vita umana”. Le reazioni non si sono fatte attendere. La laica Spagna ha fatto sapere che manderà un milione di preservativi in africa, la Francia ha avuto parole di “inquietudine”, le organizzazioni per la lotta all’Aids sono allibite e sconcertate. Il Governo tedesco da Berlino pone in evidenza le correlazioni e le sinergie sociali che sono in atto in Africa ribadendo che “una moderna cooperazione allo sviluppo deve dare ai poveri l'accesso ai mezzi di pianificazione familiare e tra questi rientra in particolare anche l'impiego dei preservativi; tutto il resto sarebbe irresponsabile”, non va sottovalutata né scissa la povertà dall’epidemia, ma resta difficile e immaginifico pensare che un uso massiccio del preservativo faccia crescere, ipso facto, il Pil di un paese. Ad ogni modo quella del Pontefice sembra essere stata, anche e soprattutto considerando il contesto, una dichiarazione alquanto infelice e inopportuna. Il problema è sempre lo stesso. La Chiesa è chiusa e reclinata su essa stessa, sulle sue millenarie convenzioni e su usi radicati e difficili da estirpare. Un’anacronistica torre d’avorio dall’alto della quale pontificano su ogni aspetto della vita, e alcuni di questi aspetti, la famiglia, non la vivono; altri aspetti, la sessualità, parimenti non dovrebbe essere loro esperienza. Eppure dettano la loro linea, impongono alle masse il loro orientamento. E’ molto più facile, per i principi della chiesa, fare dei passi indietro che tendere la mano alla modernità e ai nuovi, mutati tempi. Con Benedetto XV ci sono stati più passi indietro che avanti nel nome e all’insegna di due paroline magiche: protocollo e Immagine. E sia. Ci si aspetterebbe però, da una guida religiosa, più interesse per le cose dello spirito che per mere questioni terrene. Le voci fuori dal coro dicono che in alcuni paesi a maggioranza cattolica è minore l’incidenza dell’Aids. Il punto è: in alcuni paesi. Le statistiche al solito sono ambigue. Ci sono infatti paesi africani che, con l’uso del preservativo, hanno perlomeno rallentato il propagarsi mentre dilaga sempre più in alcuni paesi occidentali e ben avvezzi all’uso dello stesso. Il preservativo non sarà la soluzione finale e definitiva, ma di certo aiuta. E già che c’era non ha mancato di dire qualcosina sull’islam, una religione molto diffusa in Camerun, anche se più che altro ha attaccato l’Islam militante, quello che usa la forza e la violenza. Meno male
Per ciò che concerne l’Aids nel 2008 è stato assegnato il Nobel a due ricercatori che sono stati dei pionieri nella lotta al virus. Ed eccoci arrivati ad un punto cruciale. L’Aids è un virus? Altri Nobel non solo sostengono che non sia un virus ma che, semplicemente, non esiste la malattia… Kary Mullis è tra questi.
Massimo Bencivenga
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