Dalla visura camerale risultava così che le imprese erano a posto e che potevano tranquillamente partecipare (vincendo) le gare di appalto. Come è potuto accadere?
Le norme antimafia stabiliscono che, se il contratto con l'azienda non supera i 154000 Euro di capitale sociale, la società non è soggetta alle certificazioni. Per partecipare alla gara, l'azienda in questione dovrà solo presentare la visura camerale agli uffici preposti.
Data l'infiltrazione mafiosa, gli uffici preposti hanno chiuso un occhio e, secondo le indagini, gli impiegati avrebbero falsificato i documenti in modo che risultasse per ogni azienda un solo contratto di sub-appalto (ovviamente inferiore alla cifra che faceva scattare i controlli). Una volta arrivata in Prefettura, la visura camerale risultava appartenere al prestanome, con accanto la dicitura che escludeva l'azienda dal circuito mafioso.
Ovviamente, le aziende coinvolte sono piccole e diverse, proprio per tentare di confondere le acque e per eludere a tutti i costi i controlli più serrati previsti dalla legge.
La mancanza di controllo sulle visure camerali online, il ritardo di 8 mesi per evitare che la Prefettura facesse i controlli di routine e alcune informazioni volutamente omesse nei documenti hanno fatto il resto, consentendo alle aziende mafiose di guadagnare 36 milioni di Euro.
Una bella somma, se pensiamo che la famiglia La Rocca è una delle più note in questo tipo di “affari”. L'operazione dei Carabinieri ha portato all'arresto di cinque persone, coinvolte in reati come: associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni e concorso esterno nell'associazione mafiosa.
L'operazione ha portato al sequestro dei beni collegati (in maniera diretta o tramite prestanome) alla famiglia mafiosa. Tra i beni sequestrati, ci sono due ditte che hanno partecipato alla gara di appalto truccata: “To Revive s.r.l.” e “Edilbeta Costruzioni”.
Al momento, le due aziende sono state affidate al custode giudiziario, che dovrà stabilire il valore di tutti i beni e venderli successivamente all'asta, per cercare di recuperare (almeno in parte) i contanti che le società collegate alla mafia hanno sottratto con la gara di appalto. |