La statuetta lanciata domenica scorsa verso il premier Silvio Berlusconi ha, ovviamente, scatenato una serie di reazioni. Gli scherani del premier e la guardia amazzone di gheddaffiana istituzione si sono lanciati in accorati strali. Di Pietro e Bossi hanno gettato benzina sul fuoco parlando di sfogo inevitabile e naturale e di pericolosa deriva. E queste parole rischiano di essere qualcosa di più di semplici slogan in quanto affondano e si alimentano delle paure e degli incubi per la problematica condizione sociale, economica, politica del nostro Paese. L’opposizione Pd, schiacciata e manipolata da baffino Massimo D’Alema, da un po’ di tempo sta evitando di parlare contro Berlusconi in cambio di un qualche incarico istituzionale e transnazionale per lo stesso Massimo D’Alema.
Un po’ di tempo fa anche Luciano Violante pensò che ad abbassare i toni ne avrebbe ricavato un posto alla Corte Costituzionale. Sappiamo com’è andata. E magari bisognerebbe ricordare al Pd, a Massimo D’Alema ed al suo sodale Nicola La Torre, l’uomo dei pizzini a Italo Bocchino, che sono stati eletti da persone che non volevano Berlusconi al governo, ed in ogni caso da persone che si aspettavano vigilanza sull’operato del cavaliere, da persone che mai avrebbero sospettato ed immaginato un Bocchino (Pdl) incalzato da Donadi (Idv)soccorso da un Pd (Nicola Latorre appunto, uomo stimatissimo da Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia e condannato per concorso esterno in associazione mafiosa). Schifani e la Carlucci, eccolo qui lo scherano e l’amazzone, hanno colto al balzo l’occasione della statuetta per cercare di forzare la mano su qualcosa che sta loro molto a cuore: il bavaglio ad Internet. Hanno blaterato di anonimato, qualcuno spieghi loro che su Facebook, ed ai relativi gruppi, ci si iscrive, e pertanto non c’è anonimato, e di “popolo della rete” alla stregua di pericolosi sovversivi. Ed eccolo qui un altro punto caldo. Cosa significa popolo della rete? Quindici anni l’espressione “popolo della rete” poteva avere un senso. Ad occuparsi di Internet erano nerd e geek brufolosi e trasandati. Ma adesso che la quasi totalità degli italiani ha un pc, naviga, è iscritto ad almeno un social network ed usa la rete per informarsi e connettersi con il mondo non possiamo più parlare di “popolo della rete” come se ci riferissimo ad un congresso di Cardiochirurghi o ad un consesso di Fisici Nucleari.
Il popolo della rete è il tuo vicino. E’ il giardiniere. E’ l’impiegato del comune. E’ il dottorando in archeologia. Sei tu! Sono io!
Ai parlamentari del Pdl qualcuno spieghi che Internet è libertà! Internet è imbavagliata a Cuba, in Cina e nelle dittature. Allora il popolo della rete è salvo perché Berlusconi non è né comunista e né tantomeno un dittatore. Ci sono tanti gruppi su Facebook. Improbabili, impensabili, innocui. Non crederete davvero che qualcuno si offra come sicario per uccidere le maestre d’asilo di Pistoia? Pensate che io ho trovato un gruppo su Facebook “Quando segnava Jeppson”.
Cari Schifani e Carlucci avete sbagliato, contemporaneamente, capo d’imputazione ed arringa. E se deste retta, come dite di fare, ai sondaggi capireste che forse è meglio non stuzzicare troppo il popolo della rete. I sedicenni di oggi alle prossime elezioni voteranno! Non vorrete mica inimicarvi le nuove leve del temibile “popolo della rete”?
Gabriella Carlucci ex, per niente rimpianta, showgirl si era già resa protagonista qualche tempo fa di un’altra improvvida sparata. Solo per spirito di ostracismo aveva definito il curriculum del professor Luciano Maiani, all’epoca candidato dell’unione di Romano Prodi a capo del Cnr, come non adeguato all’incarico. La risposta venne da oltreoceano, dal fisico nucleare statunitense e premio Nobel Sheldon Lee Glashow, che viceversa ritenne i lavori di Maiani “importanti”.
Solo in Italia, e solo nella Seconda Repubblica, una soubrette giudica il curriculum di uno scienziato. Senza parole.
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