Le grandi manovre intorno al tanto vituperato, ancorchè misterioso IOR (Istituto Opere di Religione), la Banca Vaticana, e sui presunti rumors che vorrebbero in pole per la presidenza l’esponente Opus Dei Ettore Gotti Tedeschi e l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, s’incrociano con le scottanti rivelazioni contenute in un libro appena uscito dall’accattivante titolo Vaticano S.p.A edito da Chiarelettere e scritto dal giornalista Gianluigi Nuzzi. Una crepa si è aperta nella leggendaria riservatezza dello IOR, una crepa che potrebbe portare nuova luce anche sulle vicende di circa 30 anni fa che, in una enorme zona grigia, videro confluire la politica, il mondo finanziario milanese, il Vaticano, la loggia massonica P2, i servizi segreti italiani e inglesi, la mafia e la camorra.
I banchieri di Dio, e tesserati P2, Roberto Calvi e Michele Sindona sono morti in circostanze che definire sospette è un eufemismo: “impiccato” sotto il Ponte dei Frati Neri Roberto Calvi; avvelenato nel supercarcere di Voghera Michele Sindona. Morti sono pure, tanto per dirne due, l’onorevole Beniamino Andreatta, ai tempi ministro del tesoro, e l’arcivescovo Paul Marcikus, a capo dello IOR, ex piduista e “gorilla” personale di Papa Montini. Senza contare i tanti misteri e i collegamenti dello stesso IOR con la Banda della Magliana, la scomparsa di Emanuela Orlandi, il crack del Banco Ambrosiano, l’uccisione del giudice Emilio Alessandrini e altro ancora. Le ombre dello IOR si allungano anche sull’attentato a Papa Giovanni Paolo II, sulla morte della guardia svizzera Alois Estermann, su Tangentopoli e su altro ancora. Il giornalista Gianluigi Nuzzi ha studiato i documenti di Renato Dardozzi, uno dei monsignori dello IOR più influenti del dopo-Marcinkus. Documenti, si favoleggia siano circa 4000, che il prelato ha reso, con un atto rivoluzionario estremo in una istituzione che ha fatto del silenzio la sua virtù, pubblici dopo la sua morte. Chiunque andrà alla presidenza tra Ettore Gotti Tedeschi (foto) e Antonio Fazio avrà il primario compito di vigilare sulla fuga di queste notizie che non fanno buona pubblicità allo IOR e, di riflesso, a Santa Romana Chiesa Cattolica e Apostolica. Proprio per una questione di immagine il favorito alla presidenza sembra essere Ettore Gotti Tedeschi; Antonio Fazio da Alvito si è un po’ sporcato la faccia e la reputazione nella stagione delle scalate bancarie e dei furbetti Stefano Ricucci e Danilo Coppola. Di particolare interesse sono i capitoli in cui si parla dell’identità dei correntisti. Nel libro Vaticano S.p.A. il giornalista Nuzzi avanza l’ipotesi che i soldi per pagare gli avvocati e le cause di Giulio Andreotti siano usciti da un conto dello IOR. Non mancano anche riferimenti più terra terra, ma non per questi meno inquietanti, riguardo anche a conti che ruotano intorno a Calciopoli, in quanto è risultato ai magistrati che i fondi neri della Gea World di Alessandro Moggi sarebbero depositati allo IOR così come altri 150 milioni di euro circa, frutto delle intermediazioni calcistiche del padre, Luciano Moggi. Le vicende più scioccanti però potrebbero essere quelle contenute in un capitolo intitolato “Lo IOR e quei soldi per Provenzano”. In questo capitolo a vuotare il sacco è una “persona informata sui fatti”, ossia Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco mafioso di Palermo. Massimo dice testualmente: “ Le transazioni a favore di mio padre passavano tutte tramite i conti e le cassette dello IOR”. Va da sé che almeno una parte di quei soldi finiva o veniva gestita da Bernardo Provenzano e Totò Riina. Ecco quindi, alla luce di ciò, che il concorso della malavita nelle vicende IOR di 30 anni fa non solo non è un’ipotesi peregrina ma viene avvalorata e vidimata dalle parole di Ciancimino junior. E pensare che a breve Papa Benedetto XVI emanerà l’enciclica “Caritas in veritatem”; enciclica dal forte sapore sociale e con un’attenzione particolare rivolta al lavoro e ad un’economia più etica e incentrata intorno all’uomo. Un’attenzione ed un’etica che non sembra pervadere lo IOR improntato invece al motto latino “pecunia non olet”. Ma se tale frase può essere fatta passare ad un Imperatore (Vespasiano) lo stesso non si può dire di un’istituzione che….
Massimo Bencivenga |