Un problema di leadership politica per l'Italia
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Un problema di leadership politica per l'Italia

Tutti i partiti sono alle prese con problemi di leadership, un problema che rischia di esplodere e di creare altre schegge (partiti)

Un problema di leadership politica per l'Italia

 

Di tanto in tanto cerchiamo di fare il punto della situazione politica. Lo faccio anche adesso che le agenzie di rating stanno scarnificando, a suon di declassamenti, chi ancora avesse dei dubbi sui conti italiani e sulla nostra reputazione all’estero. Vediamo un po’ allora com’è la situazione.
Partiamo dal premier.
Silvio Berlusconi ha avuto, indubbiamente, momenti migliori. Dal punto di vista politico c’è sempre chi gli chiede, non con lui presente, le dimissioni salvo poi giurargli fedeltà. Adesso però è nettamente migliorato il barometro umorale.
Vale a dire, il premier è sotto assedio ma, sembra, più battagliero oggi di ieri, pronto ad affrontare a muso duro quello che è ormai il suo nemico giurato nonché uno che da anni si candida a suo successore: Giulio Tremonti.

 

 

Nel Pdl i frondisti di Scajola, l’uomo che non sapeva chi gli pagava la casa, e di Beppe Pisanu, vecchio democristiani e che pertanto, in virtù del vecchio fiuto, vanno presi sul serio. I due stanno cercando di aggregare intorno a sé i moderati del Pdl.
E chi viene mandato a mediare? Non l’Angelino, ma il vecchio coordinatore: Denis Verdini, che evidentemente conta ancora, e molto, nel partito. Questa sua missione diplomatica ne è l’esempio.

La Lega per la prima volta si trova dinanzi alla questione di “cosa fare da grande”. Il partito di lotta che diventa di Governo sembra aver perso il filo magico che li univa ai seguaci del Po. Niente di nuovo neanche qui.
Successe la stessa cosa anche con il Pci, una cosa è protestare, ben altro governare.
Senza contare il problema, che prima o poi si presenterà, della successione al trono. Logica vorrebbe, in un partito strutturato che ci fosse un dibattito, anche violento, interno in luogo dell’intronizzazione del trota. I Maroni, i Tosi e tanti altri non ci stanno a morire bossiani.
Non che hanno tutti i torti.

Il Terzo Polo rischia di abortire prima ancora di nascere. La triade Casini-Fini-Rutelli non è compatta, sono alla porta per vagliare le offerte. Difficile che si mettano d’accordo su uno dei tre, una soluzione sarebbe un uomo esterno.
Chi è gradito, leggi Luca Montezemolo, tentenna; chi invece riscalda i muscoli ed è pronto, leggasi l’ex banchiere Alessandro Profumo, non convince appieno.
Anche a Profumo ricordiamo la massima cardinalizia: “Chi entra Papa in Conclave ne esce cardinale”.

Il PD se non si compatta, se non trova una strategia ed un nome rischia di buttare al vento la palla d’oro che gli sbagli del centrodestra gli hanno regalato. Anche loro sono in attesa, andiamo più a Sinistra, rischiando di schiantarci nelle primarie con Vendola&Co, oppure ci spostiamo ancora più al centro, magari verso l’Idv, tradendo ancora ed una volta di più la “vocazione comunista” che è ancora forte e presente nel PD?

La sinistra estrema ha il suo leader: Nichi Vendola. Punto. In questo marasma questo punto fisso è un raggio di sole dopo una tempesta.

Anche l’Idv ha il suo leader, Di Pietro, ma sulla Giustizia sono non pochi gli scontri con l’alleato naturale che sarebbe il PD. Senza contare che Gigino De Magistris si sta un po’ smarcando da Tonino.

Emerge una sola certezza. Tranne SEL, tutti i partiti hanno un problema di leadership.

Auguri, Italia.

 

Massimo Bencivenga  

 

 
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