Per quanto riguarda le mnemotecniche abbiamo già incontrato in alcuni precedenti post alcuni dei principali protagonisti della grande avventura relativa ai corsi di memoria. Ed abbiamo già incontrato il grande oratore Cicerone e i suoi loci, poi chiamati loci ciceroniani. Come si può ben capire il termine loci è il plurale del termine latino locus, che sta per luogo. Ed abbiamo già visto che lo stesso Cicerone, sommo intellettuale ed oratore romano, raccontava frequentemente di aver preso spunto, per l’implementazione, chiamiamola così, della sua tecnica dei “loci”, dall’episodio che vide coinvolto il poeta lirico Simonide di Cheo. Si narra che Simonide di Cheo, dopo essere sfuggito miracolosamente al crollo di una sala in cui si trovava a banchettare con altri invitati, riuscì ad identificare precisamente i corpi dei commensali, molti dei quali resi assolutamente irriconoscibili dalle ferite, semplicemente ricordandosi, e abbinandoli, al posto che gli stessi occupavano a tavola.
Da questo evento Simonide di Cheo ricavò l'importanza dell'ordine e delle immagini per la memoria. E su questo ha ragione. Immaginiamo i nostri ricordi come "elementi" chiusi in migliaia di cassetti, se ci ricordiamo del cassetto giusto ecco lì il nostro ricordo riaffiorare. Ma torniamo a Cicerone ed ai suoi loci, ai loci ciceroniani. In cosa consistono i loci ciceroniani come tecnica mnemonica? Essenzialmente consistono nel legare, in gergo si dice “ancorare”, le nozioni da ricordare ad oggetti di un luogo familiare, il collegamento è tanto più forte quanto più lo stesso è bizzarro, quando non grottesco. I moderni formatori di corsi di memoria usano l’acronimo PAV (paradossale, azione e vivido). In seguito spiegheremo meglio cosa s’intende per PAV. Per adesso diciamo che c’è l’invito a memorizzare le informazioni usando delle immagini che sia paradossali, nelle quali ci sia azione e che siano vivide. Una bella domanda sarebbe quella di chiedersi dove o da chi Simonide di Cheo e Cicerone hanno appreso l’importanza delle immagini e del movimento nel processo di formazione. Anche questa informazione fa parte del patrimonio di conoscenze che è andato perso nella distruzione della Biblioteca di Alessandria? Ipotesi sicuramente suggestiva, non del tutto peregrina a mio avviso, ma, ad oggi, assolutamente indimostrabile. Cicerone, che era in grado di parlare a braccio per ore ed ore, era solito spezzettare le sue arringhe ed i suoi discorsi in vari punti, memorizzando ciascuna parte in un ben preciso, e distinto, luogo della sua abitazione o di altri posti (i loci) che conosceva molto bene. Al fine di poter applicare correttamente questa mnemotecnica, la tecnica dei loci di Cicerone, è opportuno richiamare ed usare luoghi che conosciamo molto bene; luoghi quali la nostra abitazione, una strada che siamo soliti percorrere o un qualsiasi altro posto che, non solo ci sia perfettamente familiare. Luoghi di cui ricordiamo anche i minimi particolari.
Lasciamo per un attimo le tecniche e pensiamo in che modo, in assenza di un qualsiasi supporto duraturo, abbiamo trasmesso le nostre conoscenze e la nostra storia. Bingo! Avete capito bene! In alcune tribù dell’Africa e dell’Amazzonia ancora oggi la storia e le imprese, la MEMORIA, di quei popolo sono affidate alla NARRAZIONE. Certamente due racconti non saranno mai uguali seppur i protagonisti e gli eventi siano gli stessi. Ma c’è movimento nella narrazione? Certo che sì. Ci sono situazioni vivide e paradossali? Certo che sì, agli eroi vengono attribuite doti semidivine. Ed ecco che la memorizzazione per loci di Cicerone altro non è che una narrazione, una visita guidata di eventi da memorizzare.
Ma la tecnica dei loci di Cicerone, che viene impartita in ogni corso di memoria è realmente efficace? Efficacissima e semplice.
Massimo Bencivenga |