I campioni dello sport. Siamo abituati a vederli sempre sorridenti, sempre in compagnia di bella gente, in luoghi da sogno.
Siamo abituati alle loro donne, sappiamo tutto di quanto guadagnano, di ciò che dicono, e non di rado proviamo l’irresistibile impulso al “what if”, cosa farei io se…
Troppo spesso dimentichiamo che oltre i loro muscoli c’è un cervello ed un cuore, e che sono umani, troppo umani. E allora ecco che la nuotatrice Federica Pellegrini ce lo fa capire nel più brutale dei modi. Succede che la campionessa olimpica, e enfant prodige del nuoto, non trovi il coraggio di entrare in acqua.
La causa? Un violento attacco di panico, di quelli che capitano alla gente comune, ma non per questo meno paralizzante, meno terribile, più sopportabile. E succede che il giorno dopo, il giorno dopo, la stessa Federica Pellegrini entri in acqua e nuoti come mai ha fatto nella sua vita stabilendo il nuovo primato del mondo, cancellando e riscrivendo se stessa nel libro dei record.
I muscoli ci sono, e allenati anche, a cedere è stata la mente.
E per quella occorre un altro tipo di allenamento. Federica è solo l’ultimo caso di una lunga serie di sportivi che hanno avuto dei problemi.
E l’attacco di panico in alcuni casi è quello più leggero.
Non molti anni fa anche Gigi Buffon, il miglior portiere del mondo, confessò di aver passato dei brutti momenti a causa di una forte depressione, e di esserne uscito grazie alla comprensione della nuova fidanzata Alena Seredova; la dichiarazione colse in contropiede molte persone essendo stato, il Gigi nazionale, sempre uno sbruffone, uno molto sicuro di sé, talmente sicuro da trattare alla pari i senatori del Parma alla tenera età di 18 anni.
Anche lui un enfant prodige, e tale caratteristica andrebbe indagata.
Lo sport negli ultimi tempi si ciba di eventi sempre più estremi e sempre più ravvicinati, momenti dove occorre, sempre e comunque, dare il massimo per te stesso, per i tifosi, per tener buoni i giornalisti, per non compromettere quello di buono che hai fatto, e per non cedere il passo a qualcun altro. C’è sempre qualcun altro.
In simili frangenti si può ben capire come simili demoni emergano dalle insondabili profondità della coscienza e arrivino a paralizzare. E a volte le vittorie, come le sconfitte, c’entrano poco.
Boris Becker, enfant prodige, ancora, del tennis una volta raccontò di essere arrivato spesso vicino al suicidio. E sempre dopo una vittoria, quando l’euforia si dissolve.
Un caso diverso è invece quello del pilota Niki Lauda, anche lui un campione precoce, che, dopo lo spaventoso incidente con rogo che lo vide coinvolto, ebbe non poche difficoltà a metter piede su di una monoposto. Ma riuscì comunque a vincere un altro mondiale.
E, al di là di tutta la dietrologia possibile, è stata una forte depressione a portare Marco Pantani nel baratro. Forse questi campioni si prendono troppo sul serio, magari a volte dovrebbero “staccare”. Ma come si fa?
Lo esige il pubblico, lo esigiamo noi, lo pretende lo sponsor. Il campione deve gareggiare e vincere.
Sempre. E se non lo fa, amen. Avanti un altro.
The show must go on.
Massimo Bencivenga
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