Se lo sport prende la via del petrolio e del gas
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Se lo sport prende la via del petrolio e del gas

A giorni partiranno i primi Giochi Europei. Dove? A Baku, la capitale dell’Azerbaigian

Se lo sport prende la via del petrolio e del gas

Marco Polo non poteva saperlo, ma ci azzeccò.
E di brutto.

Il viaggiatore ed esploratore veneziano (anche se taluni avanzano dubbi sul fatto che fosse effettivamente veneziano), nel suo libro Il Milione si ritrovò a descrivere l’odierno Azerbaigian come una terra pari a “una fontana ove surge tanto olio e in tanta abbondanza che cento navi se ne caricherebbero alla volta”.

L’oro nero dell’Azerbaigian fu decisivo per l’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale, ed è ancora più importante adesso, come risorsa, come “commodity” da usare per sedere al consesso dei grandi.

Una risorsa talmente preziosa da far chiudere un occhio su governanti non proprio teneri. E qui entra in gioco lo sport, con la sua capacità di affascinare, irretire ma anche confondere le masse.

Per certi versi, la geopolitica (che nella stragrande maggioranza dei casi ha a che fare con l’energia, e quindi con il petrolio) e lo sport (in qualità di nuovo oppio dei popoli e di arma di distrazione di massa) son destinati a convergere. Lo sport serve ai governanti azeri, che poi altri non sono, da decenni a questa parte, che esponenti della famiglia Alyev, oggi nella figura di Ilham, capo anche del comitato olimpico nazionale, per lanciare Baku e l’Azerbaigian verso un futuro radioso.

E per ritornare a Marco Polo, per alcuni Baku è già una sorta di “ Venezia sul Caspio”.

Di contro, la colta e democratica Europa, assetata di energia, sembrerebbe ben disposta, in cambio di forniture, a chiudere un occhio su un governo che sembra molto simile a qualcosa di dittatoriale, con decine di dissidenti sbattuti in galera. 

Pecunia non olet, evidentemente neanche il petrolio, che anzi, a sentire i dottori da queste parti, potrebbe anche servire ed eccome nella cura della psoriasi.

Con tanti posti, i primi Giochi Europei dovevano proprio tenersi in Azerbaigian? La domanda è lecita, di certo quella zona, confinante con la Georgia e con l’Armenia, non rappresenta, a stretto rigore geografico, etnico e religioso, pienamente il concetto di Europa. Ma come detto son intervenuti altri fattori.

Last but not least, il fatto che gli Alyev hanno aperto le porte dei giacimenti a numerose multinazionali occidentali, con la British Petroleum a fare la parte del leone. La sponda con l’Azerbaigian della BP è funzionale non solo all’Europa, ma in primis all’Inghilterra, che così andrà a minimizzare i giacimenti nei mari a nord della Scozia che tanta parte hanno avuto nelle richieste di indipendenza degli scozzesi.

E recentemente, il premier Renzi ha approvato la costruzione del Tap, il Trans Adriatic Pipeline, con partenza proprio dall’Azerbaigian. Un progetto fondamentale, dicono in Europa, nel quale Roma ha un ruolo cruciale, dal momento che il gasdotto in questione, che approderà in Puglia (già ci sono tensioni al solo sentire il progetto), dovrebbe rendere il Vecchio Continente meno dipendente dalle forniture russe.

Lo sport ha preso la strada del petrolio e del gas, basta vedere le ultime, contestatissime, assegnazioni delle kermesse calcistiche a Russia a Qatar. Assegnazioni che rischiano qualcosina alla luce delle recenti inchieste dell’FBI. Già, l’FBI; non è che s’è mosso proprio perché l’America è da sempre sensibile al petrolio? E non è il Qatar indicato come finanziatore e covo dell’ISIS?

Domande senza risposte, dal momento che non sono nella stanza dei bottoni.
Ma questa commistione tra risorse, geopolitica e sport d’ora in avanti dobbiamo imparare non solo ad accettarla, ma anche a gestirla.

 

Massimo Bencivenga 

 
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