Atti di panico. Leggo su Repubblica che, secondo un sondaggio posto in essere dalla Swg di Trieste ed effettuato in collaborazione con l'Istituto di neuroscienze globale (Isneg), Roma non è solo la capitale politica ed amministrativa dell’Italia ma è, altresì, anche la capitale delle persone che soffrono di attacchi di panico. I numeri, se giusti, sono impressionanti; un romano su quattro, tra i 18 ed i 60 anni, soffrirebbe di attacchi di panico. La statistica rivelerebbe un’incidenza maggiore tra le donne, con particolare riferimento alle donne laureate tra 25 e 54 anni. Il sesso debole, nella sua parte più intelligente, è quello che subisce maggiormente lo stress della capitale? L’indagine evidenzia anche che a Roma è maggiore anche l’incidenza degli attacchi occasionali.
Un quadro non proprio esaltante, e che non migliora poi di tanto se si sposta lo spettro tra i teen e gli over 65. Le case farmaceutiche probabilmente stanno gongolando pensando a quanti potenziali clienti ci sono a Roma. L’attacco di panico, come la sua cuginetta minore, la crisi d’ansia, sono dei segnali spia. Spia di cosa? Di una futura depressione.
L’attacco di panico è un WARNING scritto a caratteri cubitali.
La tua psiche e il tuo corpo ti stanno dicendo che c’è qualcosa, nella tua vita, che non piace loro; e per metterti in guardia, per il tuo bene, ti stanno avvisando; ti stanno dicendo “muta rotta o finirai peggio”.
Bisognerebbe vedere cosa c’è che non va, cosa provoca questa reazione.
Una volta l’uomo, nella giungla, dinanzi ad un pericolo, un predatore, si fermava per non farsi vedere (spesso i depressi hanno movimenti legnosi), fuggiva o combatteva.
Nelle moderne giungle della società non si può combattere, stare fermi non serve (banche e vita sociale ti scovano comunque) e scappare non serve.
Ecco dunque che la presenza di nemico (pericolo) che prima veniva scaricata nei modi descritti adesso diventa acido corrosivo prima nella nostra mente e poi nel nostro corpo. La grande metropoli, Roma come le altre, evidentemente acuisce questo malessere.
Il consiglio è di guardarsi dentro e di evitare il più a lungo possibile i farmaci. |