 Solo gli appassionati di calcio veramente ferrati ricordano Willem Cornelis Nicolaas Kieft.
Ed è un peccato, perché senza questo calciatore, o meglio senza una sua strana prodezza, non avremmo assistito poi a uno dei gesti tecnici più sublimi e noti, a ogni latitudine, della Storia del Calcio.
E’ salita la tensione? Spero di sì. Bene, Willem Cornelis Nicolaas (detto Wim) Kieft arrivò in Italia nel 1983, al Pisa del pirotecnico presidente Romeo Anconetani, per aiutare la squadra, che aveva già in organico uno straniero di sostanza come Klaus Berggreen, a bissare la salvezza. Kieft arrivò portando in dote la Scarpa d’Oro come miglior bomber europeo conquistata nel 1982 difendendo i colori dell’Ajax, dei lancieri di Amsterdam.
Le cose non andarono esattamente bene, perché la squadra toscana retrocedette, per risalire e retrocedere di nuovo. Ma Kieft un po’ s’era ambientato, visto che si accasò al Torino. Un solo anno, prima di ritornare in Olanda, al Psv e di vincere subito, nel 1988, una finale di Coppa dei Campioni contro il Benfica. Vi ricordate della maledizione di Guttman sul Benfica, sì.
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E sempre nel 1988, Kieft fu inserito nei 20 di Rinus Michels (veramente pare di chiamasse Marinus), ex centravanti che non sopportava un bambino di nome Johan Cruiff e ideatore del calcio totale olandese, dell’Arancia Meccanica che quasi conquistò il mondo nel 1974, per la spedizione degli olandesi in Germania Ovest.
Ma torniamo a noi, a Wim Kieft e alla sua prodezza. Nelle gerarchie di Michels c’era Johnny Bosman come primo centravanti, poi Marcel Van Basten, infine Kieft. Dopo la prima sconfitta orange contro l’URSS, ecco che il cigno di Utrecht scalzò Bosman (da non confondere con quello della legge) e si prese il centro dell’attacco segnando tre gol all’Inghilterra. In quella partita, Kieft entrò al fianco di Van Basten quando erano sull’1-1.
L’Olanda per accedere alle semifinali doveva battere comunque l’Eire.
Gli irlandesi avevano in panca un inglese Campione del Mondo 1966, la giraffa (per via del collo) Jack Charlton, che in panca aveva le stesse idee da giocatore: zero fronzoli e tutta sostanza. Del resto, non aveva neanche la qualità per fare diversamente. Nella prima partita, ecco che i ragazzi della verde Irlanda si trovano dinanzi quelli dell’Impero: l’Inghilterra.
Una nazionale che aveva ben figurato a Mexico 1986. La guidava in panchina Bobby Robson, maestro anni dopo di un certo Mourinho, e in campo un altro Robson, Brian,centrocampista spesso sottovalutato, ma tra i migliori interpreti del ruolo di quella decade. Poi c’era l’eterno Shilton in porta, il bomber messicano Gary Lineker e due folletti imprevedibili come Barnes e Beardsley. C’era anche Hoddle, ma quella partita non la giocò.
Gli inglesi sono strani. Peccano un po’ di superiorità. Fu la superiorità a fotterli nel 1851, all’alba della Coppa America (che si chiamava in altro modo); fu la supponenza a vederli sconfitti, sempre per mano Usa, nei mondiali brasiliani del 1950 per mano di un lavapiatti emigrante da Haiti.
E qualcosa del genere successe anche in quell’assolato 12 Giugno 1988, quando presero un gol subito da Hougton (che sei anni dopo farà piangere anche Sacchi), gli irlandesi resistettero poi, anche abbastanza agevolmente salvo un'occasionissima di Lineker, ai confusi attacchi albionici.
I coltivatori di patate ebbero la meglio sugli ex padroni del mondo.
Nella seconda partita, con l’Urss, andarono di nuovo in vantaggio, ma i robot del colonnello Lobanovski riuscirono a impattare la contesa.
E così, all’ultima partita, contro la banda di Gullit, ai ragazzotti irlandesi sarebbe bastato un pareggio per passare. Gli Olandesi avevano un solo risultato: la vittoria. Gli irlandesi, che avevano in rosa anche un paisà di nome Tony Cascarino, si difendevano con ordine, arroccati intorno alla classe e alla fisicità di Paul McGrath.
Rinus Michels, che era stato un ottimo centravanti, giocò il tutto per tutto: fece entrare Kieft, affiancandolo a un Van Basten quasi cancellato dal campo da McGrath. Poi fece entrare anche Johnny Bosman, che era un ottimo centravanti.
Al minuto 82, McGrath ribatté di testa l’ennesimo cross dalla destra, sulla ribattuta irruppe un centrocampista (Wouters, credo) che strozzò la palla per terra, facendola impennare poi. Su quella strana parabola, Kietf anticipò di testa McGrath e, con un’altra traiettoria poco ortodossa, spedì la palla alle spalle di Bonner.
Paul McGrath, la sequoia nera irlandese cadde platealmente a terra nel vedere la palla rotolare in rete. Insieme a lui caddero le speranze della verde Irlanda.
Ecco, senza quello strano gol non avremmo avuto il piacere sublime di ammirare il tracciante con il quale Van Basten incenerì Dasaev.
Il 22 Giugno 2016, l’Italia di Conte affronterà l’Eire nell’ultima partita del girone. Troveremo una nazionale tosta, con alcuni elementi di qualità come Aiden McGeady, Robbie Brady e del “vecchio” Robbie Keane, uno che da noi venne al momento sbagliato e nel posto sbagliato, ma che, quando veste la maglia verde, moltiplica le forze come un supereroe.
Massimo Bencivenga |