Mourinho come Sun-Tzu? Cosa c’entra il prode uomo di Setubal con un generale cinese, forse vissuto nel V-VI sec A.C, e al quale, forse forse, si attribuisce un trattato di strategia militare capace di sfidare il tempo: L'arte della guerra. Per certi versi la figura di Sun Tzu è nebolosa quanto quella del cieco Omero o di qualche bardo medioevale di cui si sia persa la memoria, ma non gli scritti. Mourinho ha vinto la sua sfida a distanza con Guardiola, una vittoria che parte dell’estate, dalla scelta e dall’imposizione di uomini come Lucio, Motta e Sneijder. Una vittoria partita accettando lo scambio (più soldi) Eto’o-Ibrahimovic.
Sempre più spesso, e con una forte impennata negli ultimi anni, si trovano libri di sedicenti, ho detto sedicenti e non seducenti, manager, più che altro esperti di marketing, che rielaborano le strategie e le tattiche di generali e uomini famosi del passato a uso e consumo dei manager di oggi, al fine di aiutarli a vincere nell’arena del mercato globale.
Ed ecco allora che c’è chi ha preso spunto da Napoleone (su cui torneremo), chi da Alessandro Magno, chi da Gesù (il libro di
Bob Briner è un piccolo capolavoro), chi da Shakespeare e così via.
Bob Briner è un piccolo capolavoro), chi da Shakespeare e così via.
Bob Briner è un piccolo capolavoro), chi da Shakespeare e così via.
Facciamolo anche noi con gli allenatori, dopotutto si tratta, come nel caso dei generali, di disporre delle risorse a disposizione in un certo modo e di elaborare una strategia. Una leggenda vuole che il gioco degli scacchi sia stato inventato da regnanti. Torniamo a Mourinho ed alla vittoria dell’Inter sul Barcellona di Pep Guardiola per 3-1. Uno dei motivi cardini della strategia di Sun Tzu è la capacità di adattarsi “alla forma del nemico”, ossia elaborare una strategia che tenga in debito conto sia i punti di forza che quelli deboli del nemico. Il Barcellona non ha una grandissima difesa, ma è pericolosissimo in attacco e fa molto possesso palla. Adattarsi a ciò ha significato per Mourinho abbassare molto Cambiasso e tenere Eto’o e Pandev pronti a lanciarsi nello spazio, anche senza palla.
Zdenek Zeman, qualora fosse stato un generale sarebbe invece stato un seguace di Von Clausewitz, cioè della teoria della guerra di stampo prussiana, che recita pressappoco così “questa è la mia strategia, indipendentemente dal nemico”. Una tattica che tante volte ha significato una messe di reti, raccolte nella propria porta, per le squadre del silenzioso fumatore boemo.
Mourinho ha saputo adattarsi alla “mutevolezza dei momenti”, per dirla come Sun Tzu, con rapidità ed efficacia, e per la prima volta, dopo circa 38 anni, la squadra di Milano cara a patron Massimo Moratti potrà giocarsi, qualora superasse anche l’ostacolo Camp Nou, una finale di Champions League/Coppa dei Campioni.
Mourinho ieri è stato un generale alla Sun Tzu, in qualche precedente post lo avevo invece paragonato, guardandolo con un occhio forse ipercritico, ai generali preferiti da Napoleone che ai generali bravi preferiva quelli fortunati. La fortuna è un elemento che, seppur estemporaneo ed aleatorio per sua stessa natura, ha la sua importanza. La fortuna ha giocato un ruolo per tutti i grandi allenatori, per Sacchi prese le fattezze immateriali della nebbia di Belgrado, per Mourinho s’incarnò nella presa scivolosa di un portiere, Tim Howard, in quel di Manchester nell’anno di grazia 2004: l’anno della Champions League con il Porto.
Se a Manchester Mourinho fu fortunato, ieri sera, a Milano, ha dimostrato di essere capace di leggere una partita e di adattarvisi rapidamente. Mou il fortunato è diventato Mou lo stratega flessibile.
Ma qualcosa deve essere cambiato anche nella testa dei giocatori. Nel momento in cui raggiungi un limite che pensavi, a torto a a ragione di non poter conquistare, nella testa scatta qualcosa, scatta il pensiero positivo “l’ho già fatto, so come si fa, lo farò ancora”. Il doppio confronto con il Chelsea ha regalato all’Inter questa consapevolezza; consapevolezza che si traduce in un atteggiamento mentale migliore. Chi ha visto le partite con il Chelsea e il con Barcellona ha potuto notare una maggiore baldanza nella seconda. La baldanza di chi sa di essere forte.
Questa sicurezza è molte volte mancata negli anni scorsi, la paura di volare atterrò l’Inter con il Villareal e con il Valencia.
Quella paura che non c’era ieri sera negli occhi di chi, come Zanetti, Cambiasso, Samuel e Maicon c’era anche in quelle occasioni. Si chiama crescita positiva. E non si può insegnare. Bisogna viverla.
Mourinho un po’ fortunato forse lo è ancora perché, sempre nell’ipotesi di finale, si troverebbe di fronte il Bayern Monaco o il Lione, che non sono né il Chelsea e né il Barcellona. Adelante Inter.
Massimo Bencivenga
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