Italians. Ovvero come ci comportiamo al Parlamento Europeo
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Italians. Ovvero come ci comportiamo al Parlamento Europeo

Le presenze dei nostri parlamentari scarseggiano. Le loro finanze invece

Italians. Ovvero come ci comportiamo al Parlamento Europeo

Non molto tempo fa un’inchiesta ha messo in drammatica evidenza le assenze e lo scarso impegno del gran moralizzatore Renato Brunetta in quel di Bruxelles quando era deputato. Siccome le cose non avvengono mai per caso un’altra indagine ha messo in evidenza che il comportamento del prode Renato era tutt’altro che singolare. A voler essere brevi gli europarlamentari italiani sono i più assenti sia nelle riunioni plenarie, quelle strategiche, quelle dove si decide il futuro economico e sociale del continente, sia nelle tante commissioni e per finire anche negli interventi e nelle interrogazioni. Qualcosa come a dire “non me ne può fregar di meno”. L’ex ministro De Michelis docet: “Senta il mio personale obiettivo era quello di tornare nelle istituzioni nonostante l’accanimento dei giudici, ed essere ammesso nel partito Socialista europeo”. Viva la sincerità. Ovviamente, anche se cercare di scoprire la retribuzione netta è come cercare il Santo Graal, e nonostante i depistaggi fiscali, i nostri europarlamentari sono i più pagati d’Europa. Avevate dubbi? Diamo qualche numero. Nelle riunioni plenarie, una sessantina l’anno, l’assenteismo è intorno al 70%, e siamo i peggiori, i penultimi, ossia i francesi, ci staccano comunque di una decina di punti; i più virtuosi sono i finlandesi con una presenza media intorno al 90%. Anche nei peggiori disastri qualche fiore si salva: Sepp Kusstatscher, nel gruppo dei verdi totalizza un impressionante 99% di presenze; e Pasqualina Napoletano, ex capo della segreteria di Veltroni conta il 96% di presenze. A seguire Musacchio, del Prc, e Romagnoli, Fiamma, con 94% e 93%. Ma sono autentiche mosche bianche in un pool di politici che appena può torna in Italia, anche per un assessorato alla provincia. Ecco un altro record. Dei 78 europarlamentari eletti ben 36 hanno optato per altri incarichi in Italia. E tutti i big, da D’Alema a Di Pietro a Brunetta appena ne hanno avuta la possibilità hanno fatto rotta verso gli italici lidi. È questo il punto spinoso, per i nostri politici la vera politica, quella nella quale amano sguazzare, è quella nazionale quando non addirittura locale. Ecco perché Bruxelles è un comodo parcheggio in attesa che passi una qualche bufera politica e tempi migliori arridano all’europarlamentare di turno. In tal modo l’Italia perde voce nelle commissioni e azzera il suo già scarso peso politico e diplomatico all’interno dell’Unione. Se l’Europa è il futuro i politici italiani non sembrano averlo capito.  Alcuni portavoce dicono che un altro ostacolo mica da ridere è rappresentato dal fatto che la quasi totalità dei nostri europarlamentari non è in grado di parlare un inglese scolastico. Che tristezza. 

                                              Massimo   Bencivenga

 
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