Due eventi, e successivi collegamenti, tengono banco nei bar e nelle discussioni. La vittoria del signor Cappellacci, subito nomato Cappellacci-dì-qualcosa-anche-tu, nelle elezioni regionali della Sardegna e la condanna dell’avvocato Mills. Che la tenzone in Sardegna nascondesse qualcosa di più che la semplice presidenza di una regione l’avevo già scritto, quello che in tutta onestà non immaginavo era il sisma che la sconfitta avrebbe provocato nelle file del Partito Democratico. Veltroni ha rimesso il suo mandato, Walter ha espresso la chiara e palese volontà di dimettersi. E la sinistra proprio non sembra imparare dai suoi errori e continua imperterrita nel disgregamento, nella scientifica e sistematica demolizione, dei leader che essa stessa costruisce. Un gioco al massacro nel quale, al di là di una shopenaueriana volontà cieca e caotica, è difficile vedere un disegno. Forse non c’è, in piena coerenza con l’affermazione cieca e caotica. Veltroni avrà realizzato che cercare di guidare la sinistra italiana, le sue schegge riformiste, moderate o quelle che siano, non solo può risultare estremamente pernicioso e laborioso, ma fondamentalmente è anche inutile. Una perdita di tempo. Nel 2005 Forza Italia vinse le elezioni solo in Lombardia e Veneto, ma non per questo ai signori Berlusconi, Fini e Casini passò per la testa di dimettersi. Si può perdere, e solitamente, le statistiche possono confermarle; l’elettorato punisce una parte politica che, quale che siano le ragioni, non porta a termine un mandato elettorale. Come nel caso di Sardegna e Abruzzo. Il problema della successione, qualora effettivamente Veltroni non dovesse più essere il segretario, è spinoso per i motivi sopracitati della logica della demolizione, dell’algoritmo dell’annientamento mediatico e politico. Amato? Impresentabile. Fassino? Uno zombie per una rinascita! D’Alema? Già provato, e poi lui vuole l’Onu. Franceschini? Ma andiamo…Enrico Letta? Non è così stupido da accettare. Rutelli? Idem con una miscellanea, come meglio pare a voi, dei giudizi sopra. E allora chi? Staremo a vedere, non è detto che si dimetta effettivamente. Vediamo cosa è successo al buon prode David Mills. L’avvocato inglese David Mills è stato condannato a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari dal Tribunale di Milano. Il legale nel luglio del 2004 aveva raccontato ai pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo di aver ricevuto 600mila dollari dal gruppo Fininvest per dire il falso nei processi in cui era coinvolto Silvio Berlusconi. Ovviamente nel corso di questi anni lo stesso Mills ha spesso e volentieri ritrattato le sue affermazione e il premier ha detto, more solito, che i giudici sono prevenuti. La sentenza sarà un caso da studiare in futuro. Condannato chi mente per proteggere un politico, ma il politico stesso non potrà essere indagato o coinvolto in quanto, nel frattempo è diventato primo ministro, ha fatto approvare dal suo yesman alla giustizia, Angelino Alfano, tutta una serie di leggi che, al pari di un sofisticato scudo spaziale, lo proteggono da questi giudici-meteoriti rossi che mirano a intralciare l’operato del messo divino. Che dire? L’epoca, e voglio azzardare l’epopea Berlusconi, sarà a lungo studiata anche quando non ci sarà più. Il giudizio che verrà fuori? Saranno i nostri figli e nipotini a darlo. In questo abbiamo un vantaggio che è anche uno svantaggio per la nostra generazione. Molto di quello che è successo in questi anni rimarrà nelle memorie elettroniche. Ecco lo svantaggio. Non avremo scusanti.
Massimo Bencivenga |