Blade Runner
sulla notizia

 
Segnala su:     segnala su OKNOtizie    Segnala su Del.icio.us     segnala su facebook

Blade Runner

Di Ridley Scott. Anno di produzione: 1982

Io ne ho viste cose che voi umani non potreste neanche immaginare. Navi da combattimento in fiamme a largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi U-B balenare nel buio vicino le porte di Tanoyser. E tutti quei momenti andranno perduti…nel tempo…come lacrime nella pioggia.

E’ tempo di morire.

Los Angeles: 2019. In una tetra e oscura notte s’innalzano gigantesche colonne di fuoco su di una città fatta di luci fredde e caotiche.

Così inizia la pellicola di Ridley Scott tratta dal romanzo del geniale e visionario Philip Dick: “Do androids dream of electric sheep” (Se gli androidi sognano pecore elettroniche).

Il titolo prende spunto da una scena, non rappresentata nel film, dove il protagonista, il “cacciatore” Deckard, affacciandosi dal balcone nota con stupore che il suo vicino possiede una pecora vera. Perché nel mondo in cui si muove tutto è artificiale e privo di vitalità. La natura sembra essere completamente morta e gli animali sono solo riproduzioni degli originali: dei cloni. Una parte dell’umanità non vive più sulla Terra, divenuta troppo angusta e claustrofobica, ma nelle colonie extra mondo. Parte dell’umanità, ma non tutta. Molti altri vivono ancora, desolati e sperduti, in quel mondo: contemplano malinconicamente la loro origine perduta, ma senza rendersene conto; in maniera totalmente passiva. E in tal modo vive anche il cacciatore Deckard(uno straordinario Harrison Ford), dell’unità di polizia Blade Runner. Compito prioritario dell’unità Blade Runner è quello di braccare ed eliminare i replicanti ribelli. Già: i replicanti. Essi costituiscono i prodotti più evoluti dell’ingegneria genetica. Creati in laboratorio, sono cloni perfettamente identici agli esseri umani, tranne per il fatto che non dovrebbero provare emozioni. A scopo cautelativo, comunque, viene immesso nel loro DNA una precisa e limitata durata di vita: 4 anni. Sono stati creati dall’uomo per soddisfare le più svariate esigenze: sesso, compagnia, combattimento. In un’unica parola: schiavi. Ma un giorno Roy, un magnifico esemplare da combattimento definito modello Nexus 6(un bravissimo, glaciale e algido – eppure umanissimo – Rutger Hauer), comincia a sviluppare emozioni proprie e a prendere coscienza di se: Pensa, quindi è…direbbe qualcuno. Si mette a capo di una squadra di altri replicanti ribelli e inizia la  disperata ricerca del suo creatore: il signor Tyrell, proprietario della Tyrell corporation; la punta di diamante della biomeccanica terrestre. Fra atteggiamenti vagamente apocalittici e non senza violenze, alla fine ci riesce. Usa come cavallo di Troia l’ingenuo J.F. Sebastian, progettista genetico. Dopo qualche mossa di scacchi in una partita a distanza(ogni riferimento al “Settimo sigillo” di Bergman è puramente voluto), finalmente il creatore e la creatura si trovano l’uno di fronte all’altra. Il replicante, l’uomo-nuovo, chiede al suo artefice di allontanare la morte(“Io voglio più vita! Padre”). Ma l’artefice, Tyrell, gli risponde, mescolando verità e menzogna, che ogni cosa giunge a fine. Ogni cosa creata dal creatore.

 

 

 

A questo punto farei una piccola parentesi letterario-musicale(ma in fondo l’arte è un tutt’uno), citando i versi di una canzone di Fabrizio De Andrè: Quando Dio vide l’uomo allungare le dita/A rubargli il segreto di una mela proibita/Per paura che poi non avesse padroni/Lo fermò con la morte, inventò le stagioni.

 

Ma torniamo al film. La reazione del modello Nexus 6 a quella negazione…è fin troppo umana. E così l’uomo-nuovo, il nuovo Adamo, si ritrova solo e ad un passo dalla fine. Inoltre, l’uomo-vecchio, Deckard, è sulle sue tracce e lo aspetta al varco. Il cacciatore nel frattempo ha sistematicamente eliminato gli altri replicanti della squadra ribelle. Non senza tentennamenti, rimorsi, dubbi e una certa dose di fortuna. Deckard non è assolutamente contento di ciò che ha fatto, comincia a considerare i replicanti  degli esseri umani come lui, e implicitamente sostiene la loro causa. Ma ora deve andare fino in fondo. Il duello fra il replicante, l’uomo-nuovo, e Dackar, l’uomo vecchio, è impari. Roy è superiore, e alla fine il cacciatore si trasforma in preda. Deckard, nel tentativo di sfuggire a Roy, tenta un disperato salto nel vuoto fra due terrazzi di un edificio. Il salto non riesce e rimane in bilico, appeso ad una trave: stiamo per assistere alla seconda caduta dell’uomo. Il modello Nexus 6, invece, riesce a saltare il vuoto, e dall’alto in basso guarda Deckard sospeso nell’aria. “Bella esperienza vivere nel terrore, vero? In questo consiste essere uno schiavo!” Gli dice quasi pregustando l’imminente caduta.

Ma alla fine è proprio lui ad impedire che ciò accada. L’uomo-nuovo è così divenuto il redentore, il salvatore della vecchia umanità(si noti la mano chiodata con cui afferra Deckard per non farlo precipitare nel baratro).

Le ultime parole del replicante sono cariche di dolore e nostalgia. Magnifiche visioni, emozioni e sensazioni che non potrà raccontare a nessuno. La morte, implacabile, arriva e porta via tutto. Anche i ricordi saranno annullati e dispersi, in una indifferenza universale, come…Lacrime nella pioggia…

A Deckard, il vecchio Adamo, che non può far altro che vedere morire il replicante, guardandolo con vera ed amorevole pietà, viene concessa un’altra opportunità, una seconda occasione. A lui e alla nuova Eva: Rachel.

Rachel è una replicante(assistente di Tyrell e creata, appunto, da lui), che non sa di esserlo. Lo scoprirà solo alla fine. Ma ad una replicante non manca certo il sentimento dell’amore, ed infatti Deckard e Rachel, nel corso della storia, s’innamorano. Ora tocca a loro rifondare l’umanità dalle sue fondamenta, risalire dall’antico precipizio e riconquistare il paradiso perduto(Milton docet!). Ma non sarà impresa facile, niente lo fa presupporre. Meno che mai le parole pronunciate, proprio sul finale, da Gaff. Questi è una silenziosa ed enigmatica figura, assistente del capo della polizia, che “veglia” su Deckard dal principio alla fine. Una sorta di Deus ex Machina che, giunto alla fine della storia, lancia la pistola all’ormai ex cacciatore della Blade Runner(perduta durante lo scontro con Roy), riconcedendogli il libero arbitrio del bene e del male.

Sprezzante e cinico, gli dice, riferendosi a Rachel:   
“Peccato però che lei non vivrà!..Sempre che questo sia vivere.”

E con questa frase sintetizza, postula e stigmatizza la condizione esistenziale dell’essere umano.

 

Ottime ambientazioni, effetti speciali per l’epoca notevoli, interpretazioni stupende, un efficace adattamento cinematografico e una grande regia completano il tutto e consegnano alla storia quest’imperdibile capolavoro.

 

 

 

 

 

 

 

                                                                              Alfredo Paragliola

 
Tag Clouds

blade runner

ridley scott

1982

CINEMA
- SHINE FILM ISPIRATO ALLA VITA DI DAVID HELFGOTT
- LA STORIA DEL CAMMELLO CHE PIANGE, 2003.
- IL CAVALIERE OSCURO - DI CRISTOPHER NOLAN - ANNO DI PRODUZIONE: 2008
- I DIARI DELLA MOTOCICLETTA, DI WALTER SALLES. ANNO DI PRODUZIONE: 2004
- IL SETTIMO SIGILLO
- INDIANA JONES, LA GENESI DI UN MITO....
- L’ODIO
- PULP FICTION
- IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
- 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO
- BLADE RUNNER
- IL DIVO
 
 
contatti

SullaNotizia - Giornale Online