Non so dire con esattezza il momento esatto in cui sentii parlare di Jim Thorpe, né chi fu a farlo, forse Dan Peterson o forse Rino Tommasi; no, davvero non ricordo chi devo ringraziare.
Fatto sta quel nome mi ronzava in testa continuamente; un pellerossa che era stato anche un atleta straordinario, la cosa stuzzicava la fantasia di un adolescente, quale ero ai tempi, appassionato di sport.
Devo ringraziare l’avvento del web se tante informazioni sono lì, facilmente accessibili. In un click. Chi è stato e cosa ha rappresentato Jim Thorpe è qualcosa che ormai si perde nella nebbia del tempo; abbiamo, nella migliore delle ipotesi, resoconti di seconda mano. E forse è meglio così, forse è giusto che l’alone di leggenda che circondò Jim Thorpe in vita resista all’attacco dei bit capaci di immagazzinare e memorizzare per sempre ogni informazione.
Ed allora, chi è stato Jim Thorpe? Un atleta leggendario, né più né meno.
Non si conosce con esattezza la data ed il luogo di nascita di Jacobus "Jim" Franciscus Thorpe, la data ipotizzata è Maggio 1887 ed il luogo Prague, cittadina dell’Oklahoma.
Non nacque solo, Jim aveva un gratello gemello che morì a soli otto anni. Il suo nome indiano era Wa-Tho-Huk, che significa “sentiero lucente”, gli fu affibbiato in quando un raggio di sole illuminava il sentiero che portava alla capanna dove nacque.
Quello che si sa di questo signore è che era figlio di genitori amerindi, appartenenti alla grande nazione degli Algonquin (alconghini, come Gufo Triste) e che può essere considerato uno dei più grandi atleti che abbiano mai calcato questo pianeta.
Rimasto orfano di madre quasi subito ebbe una infanzia ed una adolescenza difficile, uscì a forza da questa vita grama grazie allo sport.
Si racconta che ventenne, quasi per gioco, si ritrovò a gareggiare in una competizione studentesca di salto in alto. Thorpe, con addosso i calzoni normali, batté tutti gli altri studenti con la misura di 1,75 m. In quel momento nacque l’atleta e la leggenda. Nel 1911, giocando come running back, portò di peso la sua scuola alle finali nazionali di football.
Ma le Olimpiadi erano di là a venire, e Jim Thorpe fece le selezioni per il pentathon che all’epoca comprendeva: salto in lungo, lancio del giavellotto, 200 m piani, lancio del disco e 1500 m.
Per il decathlon le cose erano un differenti, in America esisteva una serie di prove detta All around, ma il programma Olimpico era un poco diverso, niente che potesse però impensierire un top performer come Jim Thorpe, che a Stoccolma 1912 partecipò anche alle gare di salto in alto, dove finì quarto, e di salto in lungo, laddove invece si piazzò settimo.
Ma nelle gare multiple, nel pentathon e nel decatlon, non ce ne fu per nessuno, stravinse i concorsi con largo margine. Nel pentathon vinse tutte le gare tranne il lancio del giavellotto, dove arrivò solo terzo.
Leggenda vuole che Gustavo V di Svezia, porgendogli un premio gli ebbe a dire: “Signore, Lei è il più grande atleta del mondo”. Lui rispose, candidamente: “Grazie, Re”. Al suo rientro in patria, Thorpe fu portato in trionfo e festeggiato con una parata a Broadway. Era una star. Ma le cose presero una piega imprevista.
Nel 1912 venivano applicate regole severe per definire lo stato di dilettante, necessario per partecipare ai Giochi olimpici. Gli atleti che ricevevano premi in denaro, che facevano gli istruttori o che avevano in precedenza gareggiato contro professionisti non erano considerati dilettanti, e quindi non potevano partecipare ai Giochi olimpici.
Verso la fine di gennaio del 1913, i giornali americani riportarono la notizia che Thorpe aveva giocato a baseball da professionista. Il CIO fu irremovibile e Jim Thorpe fu mal difeso, perché aveva sì giocato a livello semi-professionistico, in Carolina del Nord nel 1909 e nel 1910, per un piccolo compenso in denaro, ma il regolamento delle Olimpiadi del 1912 prevedeva che qualsiasi protesta dovesse essere fatta entro 30 giorni dalla cerimonia di chiusura dei Giochi. Le prime notizie sui giornali apparvero solo nel gennaio del 1913, sei mesi dopo la fine dei Giochi di Stoccolma.
Il CIO gli tolse vittorie e medaglie, Thorpe cominciò a giocare a Baseball e a Football americano. La discesa era però iniziata: si separò dalla prima moglie, cominciò a bere, cosa comune allo stereotipo dell’indiano, cadde in disgrazia, finì a fare la comparsa per film western, vendette per quattro soldi le royalties per un film sulla sua vita, uscito nel 1951 con il titolo Pelle di Rame, nel quale venne impersonato da Burt Lancaster.
Morì d’infarto in una ruolotte nel 1953 a lomita, California.
I figli, negli anni a seguire, intrapresero una coraggiosa ed estenuante causa per riammettere il nome del padre nelle classifiche olimpiche. Il 18 gennaio 1983, a Los Angeles, il presidente del CIO riabilitò Jim Thorpe e le medaglie vennero finalmente riconsegnate alla famiglia.
Il 30 Gennaio 1998, gli Usa emisero un francobollo commemorativo da 32 cents nel quale Jim Thorpe è ricordato come la Stella di Stoccolma. Il suo ritratto è sullo sfondo, mentre in primo piano l'atleta è impegnato nel salto in alto.
In lui c’è tutta la grandezza e la tragedia che, ancora oggi, affligge non pochi nativi americani o pellirossa. Ho voluto lanciare la volata che ci porterà a Londra 2012 parlando del più grande atleta d’inizio secolo scorso.
Massimo Bencivenga
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