Tra i posti che mi sento di indicare ai miei amici per una possibile vacanza c’è di sicuro il Sudafrica. Sino a 11 anni fa, per me il Sudafrica era solo ed unicamente la terra dell’Apartheid, ossia del razzismo elevato a scienza sociale. Un razzismo ingegnerizzato insomma, anche se qualcosa di simile, basato sul culto religioso, è avvenuto, forse avviene ancora, anche nell’europea Irlanda. Cosa successe 11 anni? Niente di che, solo che cominciai a leggere i libri di Wilbur Smith. E un universo inesplorato e ancora da esplorare si schiuse a me; si può non essere d’accordo con Smith, nei cui romanzi, i neri e in genere le altre minoranze recitano o la parte dei servitori o dei cattivoni, ma di sicuro sa raccontare eccome quei luoghi.
Ed io di quei luoghi mi sono innamorato, e conto, un giorno, dio vederne almeno qualcuno. Meglio ancora sarebbe se, oltre al Sudafrica, potessi disporre di tempo e soldi per dare una occhiata anche alle rovine di Grande Zimbabwe, se potessi spingermi su verso la Namibia e dare una occhiata alla celebre Skeleton Coast, la costa degli scheletri. O se potessi fare una capatina sull’isola, peraltro molto grande, di Madagascar e magari allungarsi sino all’isola de La Reunion, con il suo peculiare frutto dell’amore, il coco-de-mer. Mi terrei un po’ alla larga da Angola e Mozambico, bei posti anche quelli, ma un troppo turbolenti politicamente e dove i turisti sono visti, nella migliore delle ipotesi, come polli da spennare e derubare.
Il mio consiglio per il Sudafrica, che ha un clima caldo ma non umidissimo, molto simile, per intenderci a quello che si può trovare nella zona del Magreb, è fare una escursione sul Table Bay e poi un giretto nel Parco Nazionale Kruger, anche se, devo ammetterlo, non sono affatto un sostenitore entusiasta dell’arte venatoria. Una nazione bellissima, un crogiulo di razze ed etnie che ha partorito qualcosa come ben 11 lingue ufficiali. La nazione che ne più al mondo, parlo di lingue ufficialmente riconosciute, quelle usate nei documenti. Quelle parlate sono molte di più.
E a proposito del Capo e di Città del Capo; adesso tutti lo chiamano Capo di Buona Speranza, ma prima era conosciuto come il Capo delle Tempeste. Da quelle parti, l’Atlantico si congiunge con l’Oceano indiano e da luogo, insieme ai venti, a un tratto marino molto, molto turbolento, a voler usare un eufemismo. Ad ogni modo io consiglio a tutti di fare un viaggio in Sudafrica. Massimo Bencivenga
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