Luca Zingaretti è diventato magistrato.
Il popolare attore che interpreta il commissario Montalbano s’è recentemente calato anche nelle vesti di un magistrato calabrese disilluso, cinico, meschino; un uomo che dinanzi a un grave lutto ritrova se stesso, l’etica sopita e la voglia di indagare per far trionfare la Giustizia, quella con la G maiuscola tanto cara al sommo Dante anche nei giorni dell’esilio. Ma lasciamo il Poeta e torniamo a noi.
Dunque, Luca Zingaretti è stato il protagonista della fiction Rai Il giudice meschino.
La fiction, andata in onda qualche mese fa, è tratta dal romanzo omonimo dell’ingegner Mimmo Gangemi. Su questi bit, in un precedente post, avevo tratteggiato il mio incontro con un romanzo di Gangemi.
L’autore, persona molto disponibile e gentile, mi fece poi dono, nell’Ottobre del 2008, di uno dei suoi primi romanzi: Quell’acre odore di aglio. Mimmo Gangemi è diventato famoso con altri libri, ma brevi scambi epistolari (di stampo fotonico, eh?) mi hanno convinto che l’autore di Il Giudice Meschino e La signora di Ellis Island è molto legato a questo libro, sebbene i due citati abbiano riscosso un maggior successo in termini di pubblico e critica.
Spesso succede così.
Glenn Cooper, un autore internazionale, uno tradotto in diversi paesi, ha sempre sostenuto essere La mappa del destino il libro che sentiva più suo, nel quale si era profuso di più. Eppure, critica e lettori, ritengono quel libro il peggiore dello scrittore statunitense.
Insomma, con i libri le cose non sono mai come sembrano.
Lessi rapidamente e avidamente Quell’acre odore di aglio, un romanzo forte e crudo che racconta i fatti accaduti a una famiglia dell’Aspromonte. Fatti che, coprendo ben tre generazioni, si snodano dall’Italia appena unita sino ai primi anni dopo il secondo conflitto mondiale.
Sembra una delle saghe care a Wilbur Smith, ma c’è una profonda differenza. Il sudafricano d’adozione racconta l’epopea di famiglie ricche, influenti. Potenti.
Mimmo Gangemi, calabrese sino al midollo e orgoglioso di esserlo, canta invece l’epica degli umili, degli sconfitti. Degli invisibili. Di quanti si dannano per migliorarsi, e incappano nelle ire di un fato che per loro ha deciso ben altro.
Il romanzo è pervaso da una lotta continua. Senza sosta. Si lotta per sopravvivere durante gli inverni con poche provviste; si lotta contro il malocchio e l’invidia usando una miscela di cattolicesimo e superstizioni come se tale commistione fosse la cosa più naturale possibile. Si lotta per migliorare le proprie condizioni. Cola, che addirittura sa leggere e scrivere, capisce l’importanza della cultura, fa studiare da medico il figlio ‘Ntoni, ma dopo aver avuto il cuore colmo d’emozione per l’apprezzamento dei professori nei confronti del figlio si ritrova lo stesso cuore spezzato all’annuncio della morte del figlio morto nella guerra di trincea della Grande Guerra. Eccolo il destino, baroe crudele.
La vita prosegue, come gli alti e bassi. La seconda guerra marchia ancora la famiglia: Masi torna con una gamba amputata dalla campagna di Russia.
Ogni sventura è preannunciata a Carmela, la moglie di Cola, e il personaggio che fa da collante alle generazioni, da un acre odore di aglio.
Un odore che si sente anche quando l’alluvione del 1951 distrugge in un amen gli sforzi compiuti per comprare la Macchina Olearia, l’investimento che avrebbe dovuto far svoltare economicamente la famiglia e che fa invece perdere il senno al capofamiglia.
Su tutti i personaggi campeggia la figura di Carmela, profondamente innamorata di Cola, un giovane che in un paese d’ignoranti che firmano con il segno della croce “sa perfino scrivere e leggere”, come rileva con stizza il Generale, uno che dà molta importanza alla cultura e aspetta come segno di riscatto il giorno in cui potrà votare, ma quando questo giungerà lui non voterà, perché ha il lutto nel cuore per la recente morte del figlio ‘Ntoni.
Carmela è una donna silenziosa e laboriosa che con fede e rassegnazione accetta “l’acre odore di aglio” che spesso abita in casa sua, cioè l’odore di morte e disgrazie che la vengono a visitare, è altruista e sempre pronta ad aiutare gli altri.
Il linguaggio è volutamente aspro, ben adeguato alla durezza di vita della famiglia, profondamente lirici gli squarci paesaggistici che accompagnano i personaggi, i quali però talvolta sentono pure la forza soverchiante della Natura maligna,
Chiuso il libro, ho sentito molto la mancanza dei personaggi che mi hanno accompagnato per due giorni quasi come persone care e di famiglia.
Mimmo Gangemi, ingegnere civile e clinico, dirigente dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, ha alternato con successo il mestiere di ingegnere alla passione per la scrittura. Ha vinto diversi premi con i suoi romanzi. Un anno di Aspromonte (Rubbettino Editore), Quell'acre odore di aglio (REM), Pietre nel levante (La Città del sole - Sosed Editrice), Il passo del cordaio (Il sole 24 ore), 25 Nero (Pellegrini Editore), Il giudice meschino (Einaudi Editore), La signora di Ellis Island (Einaudi Editore), Il patto del Giudice (Garzanti).
Attualmente è in pensione, ma collabora e scrive per La Stampa, cura una rubrica su Calabria on web, il giornale telematico ufficiale del Consiglio regionale della Calabria, collabora con zoomsud.it e con quotidiani locali, nonché con altre testate come l'Unità, il Giornale, Italianieuropei, Scrittori italiani, La riviera, Calabria sconosciuta.
Massimo Bencivenga |