Dopo qualche mese di ricerca, anche perché non mi sono mai deciso ad ordinarlo, son riuscito a reperire il libro Il fiume nero di Caronte, titolo originale Charon’s Landing, di Jack du Brul, edito da Rusconi. Nel 2001 incontrai Jack du Brul con un titolo, Nel Cuore del Vulcano, pubblicato all’interno della serie Segretissimo Mondadori. Da allora un po’ di tempo è passato, e Jack du Brul ha portato avanti la sua serie con protagonista il geologo Philip Mercer, ma non solo, dal momento che nel corso degli anni ha affiancato uno dei suoi idoli, vale a dire Clive Cussler, nella realizzazione e stesura di libri di avventura.
Jack du Brul ha sostituito Craig Dirgo, amico personale di Clive Cussler, come co-autore della serie Oregon Files, quella con Juan Cabrillo tanto per intenderci. Un cambio che i lettori hanno gradito, visto e considerato che i primi due libri della serie con Cabrillo erano, semplicemente, illeggibili.
Ma torniamo a noi, a Jack du Brul e alla sua serie, quella imperniata sul suo eroe, il geologo Philip Mercer. Prima di andare avanti dico subito che Mercer è un egocentrico geologo, che ama il rischio e l’avventura, ha un quoziente intellettivo molto elevato e una preparazione militare, nonché un patologico bisogno di accettare e vivere sfide rischiose.
Il fiume Nero di Caronte è il secondo episodio, ci sono dei richiami al primo, una avventura alle Hawaii, ma si può leggere anche in modo indipendente.
Avevamo lasciato Philip Mercer tra le braccia della bella giornalista Jill Tzu e lo ritroviamo in Alaska, birra in mano sulla barca di un amico, che è pure uno scienziato. I due s’imbattono in una barca alla deriva colpita da una strana esplosione. Niente di che, se non fosse che poco dopo lo scienziato viene assassinato e Mercer sfugge rocambolescamente a un agguato.
Da esili indizi, Mercer arriva ad intuire che il suo nemico, l’ex colonnello del KGB Ivan Kerikov, non è affatto morto e dopo il fallimento dell’operazione Fucina di Vulcano sta cercando di mettere in atto un altro piano elaborato dal KGB per mettere in ginocchio l’America, il piano conosciuto come: Fiume nero di Caronte.
Per attuare il folle piano, Kerikov ha scelto di allearsi con un petroliere amico di Mercer (la cui figlia, Aggie, è innamorata persa di Mercer), con un ministro del petrolio di un Emirato, con un gruppo di fanatici ambientalisti.
Mercer è capitato per caso sulla sua strada, ma Kerikov ne è ben contento, dal momento che sogna di cogliere due piccioni con una fava: eliminare Mercer e rendere l’America energeticamente dipendente.
Il folle piano prevede altresì la contaminazione completa dell’Alaska, del Rifugio Nazionale della Fauna Artica (Arctic National Wildlife Refuge) e della costa Ovest degli States.
Il folle piano sarà sventato da Mercer con l’aiuto dei suoi amici, da un capitano coraggioso e da un politico arabo. E’ finita? No, perché Ivan Kerikov è ancora vivo.
Andiamo alle considerazioni.
Jack du Brul ha imbastito una trama complessa, con molti personaggi, molti voltafaccia, sulla falsariga del primo episodio della serie. E’ questo il suo ambito, il tecno-thriller più ancora che la spy story. L’autore descrive, credo bene dal momento che non sono un esperto, le petroliere off shore e le pipeline, ma commette degli errori.
Io lettore devo essere sviato, confuso, giocato ma non devo essere tenuto all’oscuro.
La bravura dello scrittore consiste nel prendersi gioco, passatemi il termine, del lettore non nel celare informazioni allo stesso. E troppe volte, Mercer e i suoi amici, capiscono qualcosa dopo aver fatto una telefonata. Ma il lettore non sa niente, viene lasciato così.
E questo non mi piace. Ed è per questo che mi sento di preferire l’altro libro.
Tutto sommato, Il fiume nero di Caronte non è un cattivo libro.
Non epocale, ma c’è di peggio, molto peggio in giro. Alla prossima puntata. Con Philip Mercer.
Massimo Bencivenga |