Gli animali sono un tema ricorrente nella simbologia e nella iconografia cristiana e cattolica, in parte retaggio della cultura e della religione ebrea. Due animali, il bue e l’asinello, hanno scaldato Nostro Signore; l’asino poi, un animale umile veniva usato come cavalcatura dal re che si presentava sulla porta di Gerusalemme al popolo. Pecore e pastori furono le prime creature a rendere omaggio al re. E Gesù non era anche chiamato di volta in volta pescatore o pastore; vi ricordano qualcosa le parole: “Agnello di Dio”, dove è anche chiaro il riferimento al vecchio testamento ed all’episodio di Abramo ed Isacco. Come è altresì risaputo che i primi cristiani perseguitati usavano come codice di riconoscimento un tratto animale: un pesce stilizzato. Il pesce è ancora oggi il simbolo degli evangelisti. Gesù però, nel tempo e nello spazio, è stato associato a diversi animali.
Essendo un giudeo è stato spesso associato al Leone della tribù di Giuda, il retaggio è ancora ben presente nella chiesa protestante e nelle reali case anglosassoni, che millantano discendenze divine. La Scozia, tanto per fare un esempio, dice di se stressa essere stata fondata da Tare, chiamato a volte Terach, padre di abramo. La pietra del destino, su cui giuravano i re di Scozia, è anche chiamata di Pietra di Giacobbe. Ma torniamo agli animali ed ai loro significati all’interno della iconografia e simbologia cattolica. Il cervo è visto come un animale buono e simbolo della regalità, quindi anche di Gesù in quanto re e discendente della real casa di Davide. Se il bue è buono, il toro è visto un po’ come il fumo negli occhi; ma anche in questo caso potrebbe trattarsi di un rimando alle divinità egizie ed all’era astrologica del Toro. Gli animali cattivi sono invece quelli che sono sinonimo di flagello, tipo le rane, le cavallette, pidocchi, mosconi. Belzebù, divinità filistea assimilabile alle forze caotiche del male, quindi al nostro Satana, era anche appellato il “Signore delle Mosche”, e sappiamo bene l’orrido legame tra la morte e le mosche. Quindi, la Bibbia annovera tra gli animali avversi rane, cavallette, pidocchi, mosconi, tori e qualcun altro che vedremo in seguito. Contrariamente ai mosconi, l’ape è invece, sin dai tempi dei sumeri associata, alle forze del bene, dell’ordine, della luce e della regalità. Simbolicamente le api hanno rappresentato papi e re, ivi incluso Napoleone Bonaparte. Nel corso dei secoli, il sincretismo tra varie religioni ha investito poi anche la relativa simbologia ed iconografia animale, ed allora l’aquila romana è diventata simbolo ed animale positivo, mentre il lupo, o peggio ancora la lupa, non è stata ancora sdoganata, ed alla sua ventura di certo non ha contribuito il sommo poeta includendola tra le fiere incontrate nel canto primo dell’Inferno. Ed arriviamo all’animale infernale per eccellenza: il serpente, responsabile della caduta dell’uomo da una condizione divina ad una umana. In quasi ogni parte del mondo il serpente ed il drago, suo affine, rappresentano conoscenza e saggezza. La conoscenza che promise il serpente ad Eva? Un raccontino che riecheggia da vicino le leggende sumere dei fratellastri in lotta Enlil (divinità maggiore signore delle nubi) ed Enki (lo scienziato degli dei, signore delle acque e rappresentato come un serpente). Dite la verità, vi ricordano o no Zeus e Poseidone? Il forte retaggio ebraico vede Nostro Signore essere associato alla Fenice, l’animale che, come il figlio di Dio, rinasce dalle proprie ceneri, un simbolo alato e solare. Un po’ meno immediato è associazione di Gesù con un animale mitologico come l’Unicorno, associazione anche questa principalmente usata in Inghilterra e Scozia, un animale fiero, rabbioso anche, che può essere domato solo da una fanciulla vergine.
Occorre poi dire che la religione cristiana e quella cattolica hanno “usato” animali locali, diciamo così. La fauna locale è presente nei miti amazzonici con il Giaguaro e nei nativi americani con il Bisonte. Nelle leggende religiose dei popoli del nord sono invece presenti foche, balene, orsi polari e delfini. Così come i racconti oceanici sono permeati dagli animali marini. Ma questa è un’altra storia.
Massimo Bencivenga |