Per i Mondiali del Sudafrica del 2010 è stato pensato, come animale simbolo e mascotte, il leopardo Zakumi, ma anche un elefante non sarebbe stato una cattiva scelta. Se il re degli animali è il leone nerocrinito dei romanzi, l’elefante non è certo da meno. L’elefante è il più grande dei pachidermi e, ipso facto, il mammifero con la maggior stazza sulla terraferma, escludiamo pertanto cetacei quali la balena dalla comparazione. Non è solo la mole a rendere l’elefante un animale particolare.
L’elefante, se escludiamo alcuni tipi di rettili, sembra un sopravvissuto dell’epoca preistorica, è infatti straordinariamente simile al mammuth preistorico. E’ dotato di un fiuto notevole e di una memoria leggendaria, capacissimo di fiutare, a chilometri di distanza, sia la flagranza di un fiore o di un frutto come l’olezzo di un bracconiere.
Un’altra caratteristica dell’elefante, da non dirsi a vedere la mole, è la sua capacità di percorrere, grazie alla sua resistenza allo sforzo, lunghe distanze. Gli indigeni raccontano infatti che può tenere per un giorno intero la stessa andatura. Gli europei hanno imparato a temere l’elefante quando questi accompagnò, come letale macchina da guerra, Pirro re dell’Epiro e Annibale il Cartaginese nelle guerre contro i romani. La prima volta che i romani videro gli elefantefanti scoppiò un parapiglia ed un fuggi fuggi che fece più danni della vera e propria carica degli stessi.
Forse nessun altro animale come l’elefante può essere preso come simbolo ed icona di una terra, l’Africa, selvaggia e libera prima di essere depredata. L’elefante era così: selvaggio e libero e venerato alla stregua di una semidivinità prima che i signori e le signore europee non ritennero cool usare oggetti ed utensili in avorio.
Per le loro zanne e per poco altro sono stati falcidiati al punto che sono sull’orlo dell’estinzione; e per il capriccio di tanti altre persone sono stati sradicati dal loro ambiente e portati in giro per le corti prima, e nei circhi equestri poi. L’elefante, l’altro re dell’Africa, portato in giro per il mondo incatenato e domato come tutta l’Africa e una metafora del continente stesso. L’elefante è un animale sociale che vive prevalentemente in gruppi dalla struttura sociale complessa; una struttura sociale imperniata intorno a gruppi di femmine imparentate tra loro e facenti capo ad una sola matriarca. A margine del gruppo principale vi sono gruppi più piccoli di maschi che, nel periodo del “must”, combattono tra loro per scegliere la gerarchia di accoppiamento. Per periodo must s’intende il periodo di massima eccitazione dei maschi, momento che sfocia in accessi d’ira che possono essere pericolosi.
Fondamentalmente però l’elefante è un animale tranquillo, placido, che difficilmente ingaggia qualche lotta che non sia per la sopravvivenza o per l’accoppiamento. Nel momento in cui i maschi deboli sono allontanati essi si allontanano dal gruppo e seguitano la loro vita da soli o in gruppetti minuscoli, due o tre unità, di vecchi ex capobranchi. Se sentono l’avvicinarsi della morte si staccano ulteriormente e vanno a morire da soli. Gli uomini hanno pensato bene di sfruttare, soprattutto in India, la forza dell’elefante impiegandolo come animale da soma alla stregua di un cavallo, un bue o un cammello. L’elefante alla nascita pesa già circa 120 kg e i cuccioli di elefante sono noti e famosi in quanto sono, tra i mammiferi, estremamente giocherelloni e non di rado devono essere richiamati all’ordine, a colpi di proboscite, dalle mammine.
Massimo Bencivenga
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