Il Narvalo, lo straordinario cetaceo del Mar Artico
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Il Narvalo, lo straordinario cetaceo del Mar Artico

Il narvalo è uno dei cetacei più interessanti del mondo: questa spettacolare razza di cetaceo ha caratteristiche uniche e alquanto singolari se guardate nell'insieme.

Abitante del Mare Artico, questo enorme animale (che assomiglia molto a suo cugino, il beluga) ha da sempre affascinato marinai, pescatori e cacciatori per quello che sembra proprio un enorme corno, simile nella forma a quello del mitico unicorno.

Il narvalo è un animale che garantisce la sopravvivenza delle comunità Inuit, che lo cacciano per consumarne le pelli, il grasso e per costruire oggetti dall’avorio contenuto nel corno, o meglio, del dente, come vedremo tra pochissimo.

Quanto è grande un narvalo?

Non siamo davanti ad animali grandissimi. I maschi misurano, esclusa l’enorme zanna, misurano dai 4 ai 5.5 metri, mentre le donne sono mediamente più corte di mezzo metro circa. Un esemplare adulto può pesare tra gli 800 e i 1600 kg, un peso importante per un animale che è costretto, per mantenere la sua mole, a cibarsi di pesci piuttosto grassi e molto nutrienti, come vedremo tra poco.

Un cetaceo sociale

I narvali vivono di solito in gruppi che possono andare dai 5 ai 20, numero che viene in genere raggiunto in estate, quando i narvali possono raggrupparsi senza problemi. Esistono anche gruppi composti esclusivamente da femmine e piccoli, che hanno il compito appunto di crescerli fino all’età adulta. Altri gruppi invece raccolgono i maschi adulti, anche se è possibile incontrare anche gruppi misti, in qualunque periodo dell’anno e non soltanto nella stagione degli amori.

Narvalo: il buongustaio del Mar Artico

Non avendo denti capaci di masticare, questi curiosi cetacei afferrano la dieta con la potente morsa delle loro mandibole, per poi ingoiarla intera. Un vero peccato, perché la dieta di questi animali è tra le più raffinate dei Sette Mari. Mangiano infatti per il 99% della loro dieta merluzzi e rombi, pesci che trovano mercato anche tra gli umani e che garantiscono al nostro narvalo uno stato di salute più che invidiabile.

L’unicorno dei mari del nord

Il narvalo ha una protuberanza che parte dalla parte sinistra della bocca, e può raggiungere fino ai 2 metri di lunghezza. Sembrerebbe a tutti gli effetti un corno (e assomiglia parecchio anche a quello del mitico unicorno), ma è in realtà il canino sinistro, che cresce a dismisura fino ad uscire dalla bocca e a raggiungere le dimensioni che abbiamo riportato prima.

Si tratta di un organo in realtà molto complesso, che ha diverse funzioni per i narvali e che è ancora oggetto di studio da parte della zoologia. In primis è utilizzato per stabilire gerarchie all’interno del gruppo dei maschi e in aggiunta sembrerebbe capace di fornire stimoli sensoriali importantissimi per la vita del narvalo, che attraverso dei piccolissimi canali che ricoprono tutto il dente è capace di avvertire vibrazioni, cambi di temperatura e correnti.

Il corno è sicuramente la caratteristica più suggestiva di questi cetacei, che devono la loro popolarità proprio al loro canino sinistro fuori misura.

Il suo dente è più prezioso dell’oro

Questi animali erano cacciati non solo dagli Inuit, ma anche dai Vichinghi, che erano capaci di rivendere il canino per un prezzo che superava, e di molto, il peso in oro del dente. Ci sono tantissimi aneddoti a riguardo, come il famoso canino regalato alla regina Elisabetta I, dal valore di 1,000 sterline del 17esimo secolo, più o meno 3.5 milioni di euro dei giorni nostri.

Amuleto magico

Le leggende medievali volevano il corno/dente del narvalo come capace di curare una serie infinita di malanni, come la depressione e l’impotenza, e anche di neutralizzare il veleno. Venivano create tazze utilizzando il corno che si diceva sarebbero state in grado di rendere commestibile e potabile ogni tipo di veleno inseritovi dentro.

Le leggende, la magia, l’alchimia e le credenze popolari furono tutti responsabili da un lato dell’incredibile prezzo al quale veniva venduto il dente del narvalo sui mercati europei, e dall’altro dell’incessante caccia alla quale veniva sottoposto dai Vichinghi.

Ispirazione per l’unicorno?

Secondo altre leggende medievali, il dente del narvalo è affine al corno del mitologico unicorno. La forma è effettivamente molto simile e sono in molti a ritenere l’animale mitologico come prodotto di fantasie innescate proprio dal nostro cetaceo.

La somiglianza all’unicorno è stata anche un po’ la condanna del cetaceo, che è stato impiegato in praticamente ogni tipo di unguento, formula miracolosa, elisir di lunga vita e altri prodotti venduti dai ciarlatani di mezza Europa durante il Medioevo, motivo per il quale continuava ad essere cacciato a spron battuto da tutte le popolazioni del Nord Europa.

Dove posso vederne uno?

Il narvalo vive nel Mare Artico e molto difficilmente se ne allontana, se non spinto dalla necessità. Vive nella zona che va dalla Finlandia alla Groenlandia, fino a toccare le coste nord del Canada.

È impossibile incontrarlo in cattività, dato che tutti i tentativi di tenerlo in acquari (anche attrezzati) hanno portato alla morte di tutti i cetacei coinvolti nel giro di pochissimi mesi. I tentativi sono stati molti, anche in condizioni ideali per la vita dell’animale, che sembra però incapace di riuscire ad adattarsi ad un ambiente che sia diverso da quello naturale in mare aperto.

Chi vuole vederlo deve affidarsi a tour naturalistici che offrano viaggi nel Mar Artico, tour che vengono offerti a prezzi sempre più abbordabili e che vedono il nostro cetaceo diventare una vera e propria star, che spesso da sola vale l’intero costo della gita.

L’origine del nome

Narvalo non è un nome di origine latina. È un prestito che arriva dalle lingue della Scandinavia, che è composto dalle parole nar, associata alla morte e ai cadaveri e whal, la radice comune alle balene. SI tratta dunque di una balena cadavere, se volessimo avventurarci nel mondo delle traduzioni uno a uno.

Deve questo nomignolo al colorito biancastro che assume una volta diventato adulto. Un colore biancastro che ricorda, dicevano i Vichinghi, quello appunto dei cadaveri morti da un po’.

Un nome un po’ macabro forse per un animale che invece nell’immaginario collettivo ha sicuramente un significato e un simbolismo positivi.

 

Autore: Riccardo Scarpati

 
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