La casa editrice romana Cavallo di Ferro lancerà, dal prossimo 13 giugno, e in tutte le librerie, il libro Io sono Shakespeare di Brünhilde Jouannic; il libro che ha ispirato il regista Roland Emmerich.
Un libro che sugli schermi è diventato Anonymous. Un film, imperniato e improntato sulla identità del bardo, che non ha fatto che ri-portare al centro dell’attenzione la questione relativa alla vera identità dell’autore dell’Amleto.
Per quanto possa sembrare strano, esistono forti dubbi sul fatto che possa essere stato il figlio del mugnaio di Stratford-on-Avon a scrivere davvero gli immortali versi che sovente recitiamo a memoria. I primi dubbi arrivano dal nome.
I documenti locali, parlo della zona di Stratford-on-Avon fanno un po’ confusione tra Shaksper, Shaxper, Shakepse, Shackspeare, Shagspere, Shakp, Shaxberd ed un’altra mezza dozzina di varianti sul tema. Il punto è che a Stratford-on-Avon è realmente esistito un William Shakespeare, ma sembra improbabile che sia stata questa persona a scrivere i versi indimenticabili che tutto il mondo conosce. Il caso-Shakespeare ha un incipit formale nel 1770, allorquando il reverendo James Wilmot cominciò delle ricerche sul suo poeta e drammaturgo preferito. Le ricerche, che durarono anni, lo portarono a concludere che a Stratford c’era stato un William Shakespeare, ma che, a suo dire, in nessun modo poteva essere l’autore del Giulio Cesare. Accreditati storici locali, coevi al Bardo, non menzionano il grande drammaturgo, altri storici nella sua casa non trovarono un libro che fosse uno, nessuno sembrava conoscerlo e la figlia Judith, figlia di cotanto letterato, era completamente analfabeta tanto che si firmava con una X. E allora? Mistero.
Una storia che ricalca, a parer mio, quella di un altro personaggio molto importante e che palesemente passò tutta la vita a confondere le acque sulla sua identità: mi riferisco a Cristoforo Colombo. E’ realmente esistito un Cristoforo Colombo a Genova figlio di un tessitore, ma anche in questo caso sembra estremamente improbabile che lo Scopritore fosse il Cristoforo Colombo umile genovese. Ma le analogie sono molte di più, e sarebbe tedioso elencarle qui. Come per Colombo, anche per Shakespeare non sono mancati gli accostamenti. Gli italiani fanno il tifo per Michelangelo Florio Crollalanza, qualcun altro vede nei versi del dolce cigno di Avon la mano nientemeno che di sir Francis Bacon, l’uomo che conosciamo in Italia come il filosofo della scienza Francesco Bacone. C’è chi avanza l’ipotesi Christopher Marlowe. Altri ancora quella di Walter Raleigh, favorito di Elisabetta I, la Regina Vergine. Ma il vero candidato forte sembrerebbe essere Edward de Vere, 17esimo conte di Oxford, l’uomo del film di Roland Emmerich. Ma non sono solo lui e Brünhilde Jouannic a fare l’accostamento. Prima di vedere un altro pezzo da novanta che crede nell’ipotesi Shakespeare-De Vere, vediamo un po’ qualche altro scettico importante.
Sigmund Freud e Orson Wells, Ralph Waldo Emerson e Nathaniel Hawthorn, Samuel Taylor Coleridge e Lord Palmestone, Benjamin Disraeli e Bismark, sir George Greenwood e Oliver Wendell Holmes, Lord Brighton e Lord Penzance sono tra gli scettici.
E ancora, Mark Twain dichiarò: “Per quanto fino ad ora si possa conoscere e provare, Shakespeare di Stratford-on-Avon non ha mai scritto un’opera teatrale in vita sua. La sua vasta storia, così come ce la forniscono i biografi, è costruita pezzo dopo pezzo, con congetture, interferenze, teorie, supposizioni: una Torre Eiffel di artificiosità che svetta verso il cielo alzandosi da fondamenta molto piatte e molto sottili di fatti sconnessi”.
Walt Whitman disse: “Sono deciso contro Shaksper. Intendo l’uomo di Avon, l’attore.” Attore? Attore non drammaturgo.”
Henry James, nel 1903, affermò: “Sono ossessionato dalla convinzione che il divino William sia la più grande e riuscita frode mai praticata ad un mondo paziente”.
Il papà della psicanalisi, Sigmund Freud, nel 1937,dichiarò: “Sono quasi convinto che il nome presunto (Shakespeare) nasconda la personalità di de Vere, conte di Oxford. L’uomo di Stratford sembra non avere nulla per giustificare tale pretesa, mentre Oxford ha praticamente tutto per farlo”.
Quindi la questione non è solo propria di chi vede complotti e cospirazioni ovunque.
Il libro. Chi era veramente William Shakespeare? Com’è possibile che uno dei poeti più illustri della storia della letteratura mondiale in realtà fosse il figlio di un guantaio quasi del tutto privo di istruzione scolastica?
“Volevo sapere chi ero. Non intendevo, con questo, scoprire ciò che mi piacesse o meno, le idee alle quali aderire, le persone che amassi o che mi ripugnassero. No, intendevo sapere ciò che l’uomo è. In tutta la sua interezza e complessità. Volevo essere il suo archeologo; questo studio, mi dicevo, mi avrebbe permesso così di apprendere interamente ciò che la natura umana aveva da offrire – nel migliore, ma anche nel peggiore dei casi –, ciò che era capace di fare. Ambivo a capire ciò che la parola esistere sottintendesse realmente. Desideravo vivere a pieno, senza compromessi né finzioni, ed essere in grado di penetrare ogni breccia, ogni particella per esplorare ogni angolo della mia umanità. Nei primi diciassette anni della mia esistenza ho preparato questo terreno mobile coscienziosamente. Il cammino che mi apprestavo a intraprendere era pericoloso, condannabile, immorale. Ma per me, per quanto strano potesse apparire, era una questione di sopravvivenza. Aspiravo ad essere l’artefice del mio destino, delle mie scelte, dei miei pensieri, e ciò si sarebbe necessariamente compiuto attraverso un superamento dei limiti sanciti dalla buona creanza”.
Edward de Vere, 17esimo conte di Oxford, nell’autunno della sua esistenza riprende per l’ultima volta la penna in mano e consegna ai posteri una rivelazione sconcertante sulla sua identità: “Io sono Shakespeare”. Il vero autore di Romeo e Giulietta, Amleto, Macbeth e degli altri capolavori, non sarebbe il poeta inglese di Stratford-upon-Avon, bensì un consigliere alla corte di Elisabetta, un personaggio immorale e dissoluto su cui pendono le accuse più infamanti - pederastia, negromanzia e omicidio -, disposto a tutto pur di indagare le profondità più recondite dell’animo umano. Senza sconti né censure, Edward de Vere, ripercorrendo la storia del regno inglese durante la dinastia Tudor – dall’incoronazione della regina Elisabetta I all’esecuzione di Maria Stuarda –, intraprende un viaggio all’interno della sua anima per svelarne i particolari più intimi e scabrosi. Un susseguirsi di episodi al limite dell’indecenza, sino al momento in cui il protagonista è costretto a riconoscere che la messa in scena della sua vita ha finito per rivoltarglisi contro: “Ho usurpato l'identità di un uomo. E lui mi ha rubato l'anima”. Rileggendo uno dei miti letterari più famosi di sempre, Brünhilde Jouannic in Io sono Shakespeare avalla la teoria secondo la quale William Shakespeare, attorucolo semianalfabeta, non sarebbe altro che un prestanome scelto per motivi di opportunità. Tra chi sostiene che dietro i panni del celebre drammaturgo si celasse a buon bisogno un Francis Bacon o un Cristopher Marlowe, la scrittrice segue piuttosto le orme di Sigmund Freud e dello studioso Robert Detobel e identifica nel 17esimo conte di Oxford, vissuto alla corte elisabettiana tra il 1550 e il 1604, l’autore delle opere attribuite a Shakespeare. E così, gli episodi della vita reale di Edward de Vere diventano l’espediente letterario per raccontare la genesi di alcune delle opere più famose del drammaturgo di Stratford: dalla morte del padre nascerà Re Lear, dal matrimonio con Anna Cecil la stesura di Amleto, dall’amicizia con Gascoigne l’idea per I due gentiluomini di Verona. E ancora, dal suo soggiorno nella città lagunare, la trama per Il mercante di Venezia. Verità o finzione? “Tanto rumore per nulla”?
Non importa. La confessione del libertino De Vere risulta a tal punto convincente che al termine del romanzo non si può non nutrire qualche dubbio sulla reale paternità shakespeariana delle sue opere.
Io sono Shakespeare Le confessioni di Edward de Vere di Brünhilde Jouannic (Cavallo di Ferro, pp. 176, euro 16.00, EAN 9788879071222, traduzione di Marina Marino) Per ulteriori informazioni Valentina Masilli Ufficio Stampa Cavallo di Ferro c/o Equatore S.r.l. Via Nizza, 78 - Sc. A/27 00198 Roma Tel.: + 39 06 94 53 71 50/51 - 340 67 85 265
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L’autrice. Brünhilde Jouannic, classe 1978, è una scrittrice francese. Conosciuta soprattutto per la sua collaborazione al film Uncle Boonmee, Palma d'oro al Festival di Cannes 2010, ha trascorso l'infanzia tra Francia, Irlanda e Inghilterra. E' stata consulente storica per numerosi film trasmessi su France2. Fra i testi da lei pubblicati, la pièce Folies, e due guide sugli aspetti meno conosciuti della Reggia di Versailles. Io sono Shakespeare è il suo primo romanzo edito in Italia.
Massimo Bencivenga
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